Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXV, n. 5 - Maggio 2025

  • Categoria: Didattica

La genesi dei concetti matematici secondo Piaget (parte I)

jean piagetNaturalista e biologo per formazione, interessato ai problemi epistemologici, Jena Piaget arrivò alla psicologia da altri interessi ed è abitualmente conosciuto come studioso dell'età evolutiva.
Osserva Ornella Andreani nell'introduzione ad una raccolta di scritti dello studioso: "Vi è un dislivello tra la percezione di sé dell'autore e quella che gli altri hanno di lui, poiché quasi tutti pensano a Piaget come il fondatore e il più illustre studioso di psicologia infantile (...omissis...), mentre egli si autodefinisce un epistemologo genetico, che si interessa dei cambiamenti dello sviluppo delle relazioni tra soggetto conoscente e oggetto della conoscenza, ed afferma che il progetto epistemologico fu il primo sia dal punto di vista della storia personale, sia da quello noetico e metodologico; (...omissis...) le due immagini sono entrambe vere, poiché vi è una straordinaria continuità e coerenza tra le ricerche sperimentali di Piaget e le teorie logiche costruite su di esse.
La logica matematica gli serve per formalizzare le strutture trovate nelle esperienze dei bambini, e la biologia della sua formazione di naturalista dà una impronta tipica all'interpretazione dello scambio organismo-ambiente con cui spiega e problemi dello sviluppo" (1).

L'opera epistemologica di J. Piaget, dunque, è centrata sulla individuazione di un modello dello sviluppo delle conoscenze.
Tale compito viene condotto su due piani: il primo riguarda i dati della psicologia dello sviluppo, ossia l'analisi del processo che porta dalla "logica"del bambino alla logica dell'adolescente, il secondo piano riguarda le conquiste di carattere scientifico, ossia le strutture di carattere formale delle conoscenze (2).
Lo sforzo di unificazione di questi due piani di ricerca ha il merito di affrontare secondo un'ottica particolare, ma particolarmente significativa, il problema dell'interdisciplinarità, tanto dibattuto nel campo delle scienze dell'educazione.
Secondo noi, il primo grande insegnamento di Piaget, da non dimenticare mai, è che l'individuazione delle strutture formali delle scienze non può bastare ad una programmazione per il rinnovamento dei contenuti dell'insegnamento; è necessario saldare sempre questo piano con l'analisi dei vari modelli del pensiero del soggetto in età evolutiva: soltanto questo tipo di approccio può garantire l'elaborazione di programmi funzionali alle varie fasi dello sviluppo psichico e può rendere vigili i ricercatori sull'eventuale confusione che può portare a considerare equivalenti il semplice di natura logica e il primitivo genetico.

L'opera di Piaget è di una mole straordinaria: noi ci soffermeremo ad analizzare, specificamente, i contributi dell'Autore alla comprensione della genesi dei concetti matematici, ponendo in evidenza il "senso" della fondazione logica degli stessi e facendo precedere tale descrizione da una sintesi di alcuni concetti fondamentali – peraltro ben conosciuti – esplicativa per la successiva trattazione.
Dopo un esame degli invarianti funzionali dell'intelligenza e degli stadi dello sviluppo, ci interesserà esaminare il rapporto tra strutture matematiche e strutture operatorie dell'intelligenza, la genesi del concetto di numero, del concetto di spazio, la problematica della misurazione di grandezze spaziali.
Né mancheremo di discutere, più in generale, la problematica dell'attualità e/o del superamento degli studi di Piaget.

Va rilevato, infatti, che la maturazione della coscienza pedagogica contemporanea ha sicuramente portato a superare le convinzioni di Piaget circa la preminenza dell'esperienza spontanea e quotidiana del soggetto nell'apprendimento: come già rilevava Aebli negli anni sessanta, Piaget inclinava a trascurare che l'apprendimento è funzione della modalità di presentazione e conduzione degli esperimenti che egli stessi conduceva con i minori. Risulta, insomma, oramai acquisita e consolidata la convinzione che la famiglia e la scuola hanno un ruolo decisivo nel processo di strutturazione delle conoscenze: e in questo quadro di consapevolezza, agli "esperimenti", alle "esperienze organizzate" si attribuisce un carattere decisamente direttivo e promozionale.

Tuttavia permangono elementi di problematicità, di notevole criticità dei contributi del Piaget che desideriamo affrontare.
Tra gli altri, particolare rilevanza assumono i seguenti interrogativi:

  • può lo strutturalismo psicologico essere ritenuto il percorso metodologico più valido per descrivere lo sviluppo cognitivo dell'uomo?
  • le strutture mentali hanno una natura esclusivamente logica, oppure bisogna orientarsi decisamente verso la concezione della multifattorialità dello sviluppo mentale?

Basti ricordare, ad esempio, che Howard Gardner – ben noto per la teoria delle intelligenze multiple, teorico dell'intelligenza fattorialista, "non globalista" – sostiene che Piaget abbia indagato unicamente "solo" una delle sette/otto/ nove intelligenze, quella logico-matematica con attitudini scientifiche (3).
Segnaliamo, infine, che in altri precedenti articoli abbiamo già accennato alla problematica del ruolo del pensiero intuitivo, divergente, creativo, costruttivo nel processo formativo (4).