- Scritto da Angela Sterzi
- Categoria: Pedagogia del quotidiano
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Le storie ascoltate nell’infanzia hanno un potere inimmaginabile. Ciascun libro letto tocca nel profondo e va a costruire in ogni bambino la sua visione del mondo: la modificano, dando prospettive diverse, la confermano, dando vita a orizzonti conosciuti, la precisano con dettagli nuovi. Attraverso le storie i bambini sperimentano emozioni e vissuti, in un luogo reale ma controllato, sicuro e protetto, dove poter vivere in profondità ciò che sentono. La lettura, già dai primi giorni di vita, può essere un’esperienza piacevole e gratificante oltre che mettere le basi per una competenza linguistica elevata. L’esperienza di lettura con i piccolissimi diventa un momento condiviso che rafforza il legame e la sintonia, ancor di più se diventa un momento ricorrente. Attraverso le storie lette dall’adulto, il bambino entra in contatto con le proprie emozioni più intense, in una cornice salda e sicura come quella del contesto familiare.
Lo sviluppo della moralità è un processo che si struttura nel corso della storia evolutiva del bambino ed è connesso allo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale. Sulla competenza morale individuale intervengono differenti fattori, fra i quali un posto di rilievo è occupato dal contesto familiare. Prima dei nove anni, il piccolo possiede una morale di tipo eteronoma, ovvero è mutuata dai divieti e dalle regole imposte dagli adulti, successivamente si forma progressivamente una morale autonoma.
Il giudizio morale nell’età evolutiva è connesso alla maturazione cognitiva, emotiva e sociale del bambino. La formazione della moralità è importante in quanto aiuta il piccolo a prendere delle decisioni riguardo ai suoi comportamenti sociali, che egli utilizzerà nei contesti nei quali si confronta e si relaziona con gli altri. Differenti ricerche hanno dimostrato che la strutturazione del giudizio morale è specchio di altri fattori, che il bambino apprende in famiglia, quali, ad esempio: le convenzioni sociali e l’educazione impartita prevalentemente della madre. In aggiunta, l’acquisizione della competenza morale è connessa con lo sviluppo dell’empatia, che è l’abilità di mettersi nei panni del prossimo. Le abilità morali, inoltre, sono connesse allo sviluppo della teoria della mente: per poter esercitare una forma di controllo morale sulle proprie azioni, il bambini deve essere in grado di immaginare i pensieri che possono essere prodotti dalla mente degli altri con i quali entra in rapporto. Anche lo sviluppo delle funzioni esecutive permette di monitorare i propri comportamenti e di calibrarli sulla base delle convinzioni morali che si possiedono. Infine, diversi studi hanno dimostrato la correlazione tra i fattori socio - demografici e sviluppo della moralità, che risulta più elevata tra i bambini che hanno uno status socio - economico più elevato.
Lo sviluppo della moralità è pure connesso con lo sviluppo emotivo. Infatti, la coscienza delle emozioni permette al bambino di monitorare abbastanza precocemente gli effetti delle proprie azioni. Da questo punto di vista assumono particolare importanza le reazioni emotive delle figure di accudimento. Infatti, l’espressione arrabbiata della madre indica che ha fatto qualcosa di sbagliato, mentre il suo sorriso segnala un comportamento da consolidare. Fra i due e i tre anni i bambini acquisiscono in misura sempre maggiore l’abilità di differenziare le emozioni provate da se stessi da quelle che sentono gli altri e questo consente di capire fino in fondo quello che provano gli altri, abilità fondamentale per lo sviluppo dell’empatia. Legato ad essa, il senso di colpa è fondamentale per l’acquisizione delle regole morali. Esso varia da bambino a bambino e dipende da differenti fattori, tra cui i contesti di vita; dove predomina la violenza nei rapporti interpersonali, i bambini tendono ad essere poco empatici e a provare meno il senso di colpa.
Per la strutturazione della moralità, secondo la scuola psicodinamica sono importanti le regole imposte dai genitori. Solitamente gli adulti impongono ai bambini delle regole finalizzate alla salvaguardia della loro sicurezza, al mantenimento dell’igiene personale, ad avere condotte corrette nei confronti degli altri infanti e a seguire i dettami della buona educazione (salutare quando si entra in un ambiente, ringraziare quando si riceve qualcosa ecc.). I divieti e le regole imposte dagli adulti elicitano nel piccolo una dinamica contrastante fra obbedienza e disobbedienza, che si struttura attraverso un percorso stadiale. Dai due anni il bambino disobbedisce alle regole imposte dall’adulto, dicendo “no” a quello che gli viene imposto di fare; successivamente capisce il valore di sfida nei confronti dell’adulto che si sostanzia nel suo “no” e in seguito utilizza la sua capacità di obbedire e disobbedire come uno strumento di negoziazione per avanzare delle richieste nei confronti degli adulti. L’interiorizzazione delle regole morali passa attraverso l’acquisizione dell’abilità di autocontrollo. In pratica, il bambino struttura sempre meglio la sua moralità man mano che conquista nel corso della sua storia evolutiva la capacità di controllo dei propri comportamenti, anche in assenza delle figure adulte.
Secondo Piaget, i bambini sono contraddistinti nel corso della loro storia evolutiva da due tipi di moralità, ovvero la moralità eteronoma, inizialmente, e la moralità autonoma successivamente. La prima contraddistingue il piccolo fino agli otto anni ed è caratterizzata dal fatto che le regole morali corrispondono ai dettami imposti dall’adulto. In altri termini, le regole morali si identificano con l’obbedienza alle condizioni imposte dagli adulti. Dai nove anni in poi, il bambino comincia a strutturare una morale autonoma, il cui archetipo concettuale è rappresentato dal comportarsi con gli altri così come si vorrebbe che gli altri si comportassero con sé. I paradigmi di questa morale autonoma sono rappresentati da alcune regole, che si ritrovano in tutti i bambini quali non dire bugie, non appropriarsi delle cose altrui e non arrecare sofferenza agli altri. Connesso alla moralità, secondo Piaget, è il costrutto di giustizia. Tale concetto assume due connotazioni semantiche differenti a seconda se predomina la morale eteronoma o autonoma. Infatti, nel primo caso essa deve essere intesa come giustizia retributiva, mentre nel secondo caso come giustizia distributiva. La giustizia retributiva indica che il bambino pensa che sia giusto ricevere una punizione commisurata alla gravità della disobbedienza dalle regole. La giustizia distributiva indica invece che il piccolo considera tutti gli esseri umani uguali e che per questo essi debbano ricevere le stesse opportunità nella distribuzione delle risorse, indipendentemente dal loro comportamento.
Uno studioso che si è occupato dell’analisi dello sviluppo della moralità è stato Kohlberg. Egli ha distinto in questa progressione tre stadi, ovvero il livello preconvenzionale, quello convenzionale e quello postconvenziale. Il livello preconvenzionale, che caratterizza i bambini fino a nove anni, è contraddistinto dal far coincidere la moralità con l’obbedienza alle regole imposte dai genitori, per cui lo scopo che i dettami morali perseguono è quello di non incorrere nelle punizioni genitoriali. Il livello preconvenzionale può essere ulteriormente suddiviso in stadio 1 e stadio 2. Lo stadio 1, che è contrassegnato da una prospettiva egocentrica, ha alcuni dettami caratteristici, quali il seguire pedissequamente le regole imposte dagli adulti, in virtù del fatto che essi hanno un potere oblativo, ovvero quello di infliggere punizioni o gratificare con premi; le condotte individuali hanno la finalità di evitare i castighi e di evitare di far soffrire gli altri. Nello stadio 2, che è caratterizzato da una prospettiva individualistico - concreta, si possono reperire alcune regole morali seguite dal bambino, ossia i dettami morali sono messi in pratica per il proprio vantaggio personale e i rapporti con gli altri sono basati sull’equilibrio fra dare e ricevere, cioè si è generosi nella misura in cui si riceve generosità dagli altri. Il livello convenzionale, che si raggiunge nel periodo adolescenziale, ha la peculiarità che le regole morali corrispondono alle regole sociali, vigenti in quella società, per cui gli obblighi morali coincidono con gli obblighi sociali. Il livello postconvenzionale è tipico di alcuni adulti che hanno delle regole morali personali, che spesso non coincidono con le regole sociali della società in cui vivono, ma sono intimamente connesse con le loro convinzioni personali, con le loro ideologie politiche e con i loro credi religiosi.
Riferimenti bibliografici
copyright © Educare.it - Anno XXI, N. 12, Dicembre 2021
L’adolescenza, dal latino “adolescere” che significa “crescere”, è la fase della vita durante la quale l’individuo conquista le abilità e le competenze necessarie ad assumersi le responsabilità relative al futuro stato di adulto. Questo periodo di transizione dallo stato di bambino a quello di giovane adulto è caratterizzato da interrogativi e dubbi nonché da rapidi e consistenti cambiamenti che causano una fase di disequilibrio in cui tutto viene rimesso in discussione.
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