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- Scritto da Lucia Balista
La teoria della mente a scuola
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La teoria della mente è un modello teorico proposto in psicologia in cui è descritta la capacità tipicamente umana di riflettere sulla propria mente e quella degli altri. Si tratta di un approccio che non è ancora stato sufficientemente esplorato nelle sue potenzialità didattico-relazionali e sul quale, con questo contributo, si vuole rinnovare l'attenzione.
Il filone di ricerca che riguarda la teoria della mente ha inizio nel 1983 con gli studi di Wimmer e Perner e per molti anni è stato dominato dal paradigma della "falsa credenza".
Fra gli esempi o esperimenti che dimostrano la "falsa credenza" troviamo quello degli Smarties (il soggetto della storia che cosa crederà che ci sia in un tubo di cioccolatini Smarties, quando si è visto - in sua assenza - che dal tubo venivano tolti i cioccolatini e messe delle matite?). Gli studi classici sulla teoria della mente riportano che tipicamente i bambini di 4 anni riescono a superare correttamente queste prove, mentre quelli di 2-3 anni falliscono.
Negli ultimi anni si è sviluppata una critica a questa visione troppo ri¬duttiva della teoria della mente. Si è capito, infatti, che vi sono diverse fasi di acquisizione di tale capacità.
Possedere una "teoria della mente" significa essere in grado di comprendere le motivazioni più profonde ed interne del comportamento proprio ed altrui; ad es. un bambino può capire che se un compagno ha perso un giocattolo e piange lo fa perché è triste.
Negli ultimi anni sono state messe a punto molte prove con che hanno l'obiettivo di indagare i precursori non verbali di questa abilità come l'attenzione condivisa, la percezione sociale, l'imitazione e l'intenzione dichiarativa. Esse mostrano che lo sviluppo della teoria della mente è un processo evolutivo complesso che inizia nei primi mesi di vita e si conclude ben oltre il superamento della prova di falsa credenza di primo ordine.
Il ruolo del linguaggio
Diverse ricerche hanno mostrato una stretta associazione tra teoria della mente e linguaggio: infatti i bambini, già a partire dai due anni, sono in grado di produrre termini ed espressioni linguistiche che fanno riferimento ai propri ed altrui stati mentali.
Viene definito lessico psicologico quella particolare forma di linguaggio caratterizzata da sostantivi, verbi e aggettivi che si riferiscono non a oggetti reali, ma a stati mentali interni, propri o altrui. I termini di tipo volitivo, emotivo e cognitivo ne costituiscono un esempio. Nella categoria di tipo volitivo troviamo termini che esprimono desiderio, preferenza, ecc. Nella seconda sfera abbiamo termini che denotano sentimenti e emozioni, come triste, felice, ecc. Infine, i termini cognitivi si riferiscono a stati mentali legati all'intelletto, alla metacognizione e all'immaginazione come pensare, ricordare, indovinare.
L'analisi del linguaggio del bambino permette di cogliere i suoi stati mentali ed il suo sviluppo di una teoria della mente.
La metodologia di indagine utilizzata per lo studio del lessico psicologico, in generale, è quella di tipo osservativo. La maggior parte degli autori che si sono concentrati sullo studio della frequenza e della modalità con cui i bambini utilizzano termini mentali hanno infatti scelto audio o video per registrare il bambino in situazioni di vita quoti¬diana per poi analizzarne le produzioni verbali in un secondo momento.
Si è osservato che il lessico psicologico, e principalmente quello materno, è tra le principali variabili che intervengono a costituire l'ambiente familiare e che sono in grado di influenzare la prestazione alla teoria della mente. La letteratura più recente ha infatti mostrato come la frequenza con cui bambini sono esposti a termini che si riferiscono a stati mentali, nonché le caratteristiche che tale lessico assume, rappresentano antecedenti centrali delle differenze individuali rispetto alla teoria della mente. Uno stile di attaccamento di tipo sicuro si associa ad un uso più frequente di lessico psicologico e, generalmente, ad una più spiccata tendenza a soffermarsi sugli stati mentali.
Come dimostrato dalla straordinaria numerosità dei contributi sull'argomento, lo studio del lessico psicologico è una tematica di estrema attualità ed in costante evoluzione. Le più recenti tendenze di ricerca indagano le condizioni patologiche che si caratterizzano per una scarsa presenza di lessico psicologico, in particolare nella condizione auti¬stica. Tra i filoni di indagine vi è anche il ruolo della lingua dei segni e della comunicazione non verbale nella capacità comunicativa dei bambini. Il linguaggio, in effetti, ha una essenziale componente interazionale all'interno della teoria della mente; ma questa interazione potrebbe funzionare, seppur in modo impoverito, anche senza l'espressione di atteggiamenti proposizionali.
Complessivamente lo studio del lessico psicologico consente di approfondire in una prospettiva nuova e particolarmente fruttuosa, sia dal punto di vista teorico che empirico, quegli aspetti della ricerca sulla teoria della mente che vengono considerati come i punti di maggior interesse su cui indirizzare gli sforzi futuri, ovvero il ruolo che le competenze linguistiche - semantiche, sintattiche, narrative e comunicative - hanno sulla teoria della mente.
Questa prospettiva può essere di grande interesse per gli insegnanti, sia perché consente di leggere secondo una particolare chiave di lettura gli apprendimenti e le motivazioni di uno studente, sia perché apre piste didattiche innovative per superare blocchi nella comprensione e nelle relazioni interpersonali.
Autore: Lucia Balista, laureata in Filosofia ed in Sociologia, ha conseguito un Master universitario in Counseling e Coaching Skills. Insegna nella scuola da circa 20 anni.
copyright © Educare.it - Anno XIII, N. 4, Aprile 2013