Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXV, n. 5 - Maggio 2025

Il periodo della speranza: attività di sostegno con minori antisociali nella scuola

Le esperienze maturate all’interno della scuola con il mio gruppo di lavoro (www.cosmosociale.it) hanno permesso di identificare alcuni elementi di particolare importanza nell’intervento a favore di minori definiti come “antisociali”, che vengono presentati in questo articolo con la speranza di poter contribuire all’approfondimento di un ambito di particolare interesse per l’educazione.

I progetti educativi a cui mi riferisco hanno per protagonisti alunni considerati dall’istituzione scolastica come “indisciplinati, incontenibili, senza alcun limite, senza rispetto per sé e per gli altri. Con loro in classe – dicono gli insegnanti - è impossibile svolgere una lezione”.

Sono in larga parte studenti con gravi difficoltà a lavorare in gruppo, a mantenere atteggiamenti composti e l’attenzione sul compito per tempo prolungato; spesso sono violenti verso i compagni, gli insegnanti e talvolta anche verso sé stessi; sono provocatori e scarsamente motivati allo studio e all’apprendimento.
La scuola, prima di arrivare a noi professionisti, ha tentato spesso molte vie diverse per arginare e risolvere la situazione. In quasi tutti i casi il Servizio di Neuropsichiatria Infantile non ha concesso la certificazione del minore e la conseguente possibilità di un’insegnante di sostegno, perché i minori segnalati non presentano deficit cognitivi. Il bambino con tendenze antisociali, infatti, è generalmente sano nella struttura e nelle funzioni mentali, qualche volta particolarmente intelligente; ma la sua presenza in classe non permette lo svolgimento delle lezioni, poiché rallenta e disturba il gruppo classe. Le famiglie degli alunni si lamentano e, talvolta, denunciano la Scuola rivolgendosi all’Ente Locale o alla Questura. Le complicazioni che ne derivano, in quei casi, sono notevoli.

 

Ap-punti ed ipotesi
“La scuola, sostiene Freud nel 1910 in Contributi a una discussione sul suicidio, non deve dimenticare che tratta con individui immaturi ai quali non si può negare il diritto di attardarsi in certi stadi dello sviluppo e anche su stadi spiacevoli. La scuola non deve assumere il carattere inesorabile della vita: essa non dovrebbe essere che un gioco della vita”.
Nelle situazioni incontrate emerge talvolta una scuola con funzioni di “contenitore” di individui ancora immaturi, ma che nello stesso tempo è costantemente alla ricerca di strumenti che l’aiutino a svolgere un ruolo che si confronta quotidianamente con innovazioni e rapide modificazioni socio-culturali.
Secondo Winnicott, il bambino con tendenze antisociali ha sperimentato un'assenza di "sostegno"; tale assenza non si è verificata però nelle prime fasi dell'esistenza, ma solo successivamente è stato deprivato da alcuni aspetti essenziali nella sua vita familiare. Il bambino con tendenze antisociali, a mio avviso, sembra voler dire: "l'ambiente deve pagare e deve riparare per le sofferenze che mi ha provocato".
A., un bambino di 5 anni coinvolto in uno dei nostri interventi alla scuola materna, sembrava fosse spinto da una forza più forte di lui quando aveva comportamenti distruttivi. Se gli fosse stato impedito di agire in quel modo probabilmente avrebbe provato un senso di pazzia e di frustrazione; solo quando la relazione con l’educatrice ha permesso il contenimento fisico delle sue crisi motorie e verbali, si è costituito un clima di fiducia e si sono gettate le basi per un rapporto positivo, di sincero affetto e preoccupazione responsabile.

Sembra che le tendenze inconsce di questi bambini e ragazzi abbiamo la finalità di obbligare qualcuno (nel nostro caso la scuola) ad occuparsi di loro, come una speranza di trovare "sostegno".
W., anche nei giorni di chiusura della scuola, passava delle ore con le bidelle o, se non vi era nessuno, stava a fumare davanti al muretto che delimitava il cortile della scuola. Sono queste le braccia materne di cui il ragazzo si sente deprivato ma che possono essere fornite attraverso gli interventi individualizzati.
La scuola, dal canto suo, di fronte a gravi segnali di disagio e di devianza ha chiesto aiuto ai Servizi territoriali che hanno finanziato un intervento educativo sul minore su scala globale e non solo in ambito scolastico. Per questo motivo, quindi, quando un alunno non si presentava a scuola, l’operatore è andato a cercarlo a casa o nelle strade del suo quartiere.
Soffermiamoci su questo: per un bambino un’esperienza fortemente traumatica non è tanto quella di non essere trovato, quanto di non essere cercato; quando scappa da casa, se non si presenta a scuola, manda dei forti segnati d’aiuto e di richiamo. Raccontava un paziente accolto in una comunità di recupero per tossicodipendenti: “Ero scappato di casa perché ero molto arrabbiato, ero piccolo, facevo la scuola media. Sono andato via quando ancora era ancora pomeriggio. Per un’intera notte sono stato fuori casa, non ricordo dove. Quando sono tornato, il giorno dopo, nessuno si era accorto che me ne ero andato. Sono rientrato in camera mia e ho ricominciato la mia vita, come se nulla fosse accaduto per nessuno. Tranne che per me”.