Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXV, n. 4 - Aprile 2025

Appunti sulla funzione educativa dell'archeologia

E’ importante dunque acquistare degli occhi nuovi, cioè un modo di guardare che sia mosso dall’interesse. L’abitudine ad un certo ambiente, la vita frettolosa ci portano a guardare sempre meno la natura… Cercare come i bambini, in loro compagnia, senza timore di apparire ignoranti ma godendo con loro della scoperta comune…Più che il nostro sapere ciò che conta è il nostro atteggiamento.
M. Montessori

Ogni professione dovrebbe essere svolta innanzi tutto per il suo valore sociale, e non dovrebbe ritenere per sé più di quanto non possa dare agli altri; nel caso dell’archeologia, che si è mutata da disciplina esclusivamente umanistica in contenitore multidisciplinare, sussiste ancora l’abitudine reiterata al lavoro in solitudine ed una tendenza costante nel considerare ancillari le altre scienze, con cui si dovrebbe professare invece a stretto contatto.

L’archeologo, almeno quello accademico, viene pagato con denaro pubblico per compiere un lavoro i cui frutti diventano spesso conoscibili soltanto a chi già è dentro l’archeologia; la parsimonia con cui le conoscenze diventano di pubblico dominio è funzionale, il più delle volte, al mantenimento di posizioni di potere e privilegio e la lentezza con cui circolano le idee e si accendono i dibattiti, è inversamente proporzionale al buono stato di salute della disciplina.
Se l’archeologo diventa un parassita sociale e il suo lavoro non raggiunge mai il mondo esterno alle università, oppure non si preoccupa del futuro lavorativo che aspetta i giovani che ha presunto formare, allora quelli che investiamo in cultura sono soldi spesi male, e non costituiscono un duraturo investimento teso a migliorare il corpo sociale.
Un grande maestro dell’archeologia italiana, Ranuccio Bianchi Bandinelli, sosteneva che il privilegio degli intellettuali è di poter svolgere un lavoro che altri non possono, impegnati nei lavori manuali o in altri distanti mestieri: ed è per essi che ha senso l’archeologia e ad essi deve tendere ad arrivare [2].
Il primo isolato, è dunque un problema di tipo etico, relativo alla consapevolezza della responsabilità sociale di individuo che opera nella comunità culturale da cui proviene e da cui, nel mestiere archeologico, si accinge a guardare il Passato.

Reinventarsi un mestiere sociale
Alla ricerca di una occupazione stabile, impresa quasi impossibile per un giovane studioso, una società privata mi ha chiamata in qualità di archeologa professionista, a svolgere la funzione di supervisore di una esperienza didattica : attivare con le scolaresche dell’interland napoletano una esperienza di scavo simulata [3].
Il progetto “Una giornata con l’archeologo” (2006-07) è stato articolato in due fasi: una prima ha imposto che l’archeologo svolgesse una o più lezioni introduttive presso le scuole già raggiunte da una brochure illustrativa, e successivamente, laddove la sensibilità degli alunni e degli insegnanti si è dimostrata pronta a recepire lo stimolo, si è passati alla fase operativa del progetto.
Nell’ambito di un viaggio di istruzione presso i Campi Flegrei, (presso i siti di Cuma e del Lago Averno) è stata ricavata l’esperienza di scavo simulato che ha coinvolto gli alunni di alcune scuole elementari e medie inferiori.