Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXV, n. 6 - Giugno 2025

Aggressività, comportamento aggressivo e distruttività - Autoaffermazione ed autoaggressione


Autoaffermazione ed autoaggressione

Il concetto di autoaffermazione senza dubbio delinea bene un aspetto importante del comportamento aggressivo: la volontà di sottomettere l’altro e di far predominare il proprio Sé, ricavando spesso da ciò un aumento della propria autostima. La sottomissione di un altro essere umano può costituire non tanto il fine del comportamento aggressivo, cioè la sottomissione in sé stessa e la «sconfitta» dell’altro, quanto il mezzo per poter ricavare da ciò il miglioramento della valutazione della propria identità. Il comportamento aggressivo genera perciò un tentativo di autoaffermazione a discapito di altri esseri umani, i quali di conseguenza cercheranno di opporre una valida resistenza all’aggressione subita.

La maggior parte degli approcci al tema del comportamento aggressivo si sono concentrati sull’aggressione di un soggetto nei confronti di un altro soggetto; il comportamento aggressivo viene infatti spesso analizzato e interpretato come una relazione ostile tra due o più persone. «Aggredire», una parola derivante dal latino adgredior, implica infatti l’atto di avvicinarsi verso qualcuno. Risulta chiaro perciò come il fenomeno dell’aggressione implichi una relazione tra persone, cioè una relazione tra un soggetto che agisce e che aggredisce, e un soggetto che invece costituisce il bersaglio di un tale comportamento, un soggetto cioè che subisce e che viene aggredito. Nella nozione di comportamento aggressivo perciò, è da considerarsi implicita una struttura relazionale. Alcuni studiosi, però, hanno considerato il comportamento aggressivo non solo focalizzandosi sull’aspetto relazionale, bensì concentrando la propria attenzione anche sull’aspetto riflessivo, cioè sull’auto-aggressione; l’aggressione è stata studiata in questi casi non come un atto esercitato da una persona nei confronti di un’altra persona, bensì come un atto diretto ai danni del proprio Sé. Tra questi studiosi bisogna citare soprattutto Freud, il quale ipotizzava nell’ambito della sua seconda teoria delle pulsioni, che l’aggressività di un uomo potesse volgersi non solamente verso il mondo esterno, bensì anche verso la propria persona. Freud perciò, ipotizzando una specifica pulsione di morte, pensava all’aggressività non soltanto come una relazione, bensì anche come un’auto-aggressione, cioè come aggressività che poteva condurre il soggetto all’autodistruzione.
L’aggressività umana può avere diversi sviluppi e soprattutto può raggiungere dei livelli molto alti di intensità, tali da generare comportamenti che vanno ben oltre le relativamente innocue condotte aggressive che notiamo nella vita di tutti i giorni, come ad esempio quelle messe in atto da parte di giovani ragazzi che si azzuffano per motivi banali. L’aggressività può infatti avere anche degli sviluppi tragici, può diventare cioè violenza e volontà estrema di distruzione. È necessario perciò evidenziare che la semplice aggressione, la violenza e la distruttività umana sono dei fenomeni che si trovano tutti lungo uno stesso continuum immaginario. Anderson e Huesmann definiscono infatti la violenza in base alla posizione che essa occupa su questo continuum: “Violence is physical aggression at the extremely high end of the aggression continuum” (Anderson & Huesmann, 2003, pag. 298). Secondo Hacker, l’aggressività umana ha in sé la potenzialità di diventare crudeltà, causando di conseguenza dei danni ancor più gravi. Lo studioso infatti ha definito l’aggressività “quella disposizione e quell’energia proprie dell’uomo che si esprimono originariamente in attività e successivamente nelle più diverse forme individuali e collettive, socialmente acquisite e trasmesse, di autoaffermazione, forme che possono arrivare fino alla crudeltà” (Hacker, 1977, pag.66), e non ha mancato di evidenziare la vasta gamma di fenomeni che il concetto di aggressività può comprendere.

La definizione di Hacker del concetto di violenza è tra quelle che rende maggiormente comprensibile la relazione esistente tra il concetto di aggressività e il concetto di violenza. Il comportamento aggressivo infatti, in base alle circostanze in cui si trova un individuo, può facilmente aumentare di intensità, fino a raggiungere dei livelli estremi di distruttività. Rispetto a quest’ultimo punto, è importante evidenziare ciò che sostengono Emiliani e Zani: “la violenza è conseguente all’aggressività, la quale a sua volta è un processo che può avere diversi sviluppi a seconda dei differenti contesti in cui si manifesta: sono quindi le condizioni sociali che influenzano più o meno fortemente le manifestazioni aggressive degli uomini” (Emiliani & Zani, 1998, pag.313). Il concetto di comportamento violento e di comportamento distruttivo, devono essere perciò intesi e interpretati nell’ottica di una radicalizzazione estrema delle conseguenze relative al comportamento aggressivo. La violenza allora può essere definita anche come un “comportamento aggressivo rivolto contro persone o cose, inteso a ferire o uccidere, a danneggiare o distruggere, allo scopo di imporre un dominio” (Marchese, Mancini, Greco & Assini, 1993, pag.437). Anderson delinea in maniera molto chiara il particolare rapporto tra le manifestazioni più deboli dell’aggressività umana, come ad esempio un semplice comportamento aggressivo, e le manifestazioni che invece generano delle conseguenze ben più estreme, tanto da venir denominate condotte distruttive; egli sostiene infatti che “violence is a subtype of aggression, generally used to denote extreme forms of aggression such as murder, rape, and assault” e che “all violence is aggression, but many forms of aggression are not violent” (Anderson, 2000, pag. 163).

 


Bibliografia:
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Autore: Evangelisti David, laureato con 110 e lode in Scienze Politiche all’Università degli Studi di Pisa, indirizzo politico-sociale. Appassionato e studioso di tutto ciò che riguarda la Psicologia Sociale, ed in particolar modo la Psicologia del male (The Psychology of Evil).