Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXV, n. 5 - Maggio 2025

Aggressività, comportamento aggressivo e distruttività

Il comportamento aggressivo costituisce da sempre uno dei principali oggetti di interesse degli studiosi di psicologia sociale. Malgrado una grande attenzione dedicata a tale oggetto d’analisi, e malgrado una serie vastissima di lavori sull’argomento, il mondo della ricerca scientifica non è ancora riuscito a trovare una definizione del concetto di comportamento aggressivo che sia accettata in maniera unanime.

Caprara e Pastorelli sottolineano infatti che “gran parte dei problemi della ricerca sull’aggressività derivano dalla sua definizione”, e sostengono che “tuttora, vi è un acceso dibattito su termini come aggressività, aggressione e comportamento aggressivo”: “Con differenze significative non solo tra le varie discipline, ma all’interno delle stesse discipline” (Caprara & Pastorelli, 1988, pag. 17). Spesso gli studiosi di psicologia sociale hanno preferito analizzare in maniera specifica solamente determinati aspetti di tale concetto, proprio a causa della sua irriducibilità ad una definizione e ad una trattazione che comprendesse tutti i vari aspetti di cui è costituito o tutte le sue manifestazioni; è infatti evidente come different forms of human aggression, such as physical assault, child abuse, rape, verbal derogation, political aggression […] and terrorism, are hardly reducible to a common set of features and sources (Caprara, Barbaranelli, Pastorelli & Perugini, 1994, pag. 292). Sono proprio le diverse manifestazioni dell’aggressività umana, cioè le specifiche condotte aggressive messe in atto dall’uomo, e la ricerca dei motivi della messa in atto di simili condotte, a costituire l’interesse principale di questo scritto.

Aggressività e comportamento aggressivo
È innanzitutto importante evidenziare la sottile differenza di significato tra la nozione di aggressività e quella di comportamento aggressivo: parlare in maniera specifica di aggressività, distinguendo tale concetto da quello di comportamento aggressivo, evidenzia infatti la specifica volontà di analizzare soprattutto la pulsione, l’istinto, la predisposizione o comunque un particolare stato intra-psichico di un soggetto, il quale perciò dispone della potenzialità, se le circostanze glielo permettono, di tradurre tali «spinte» interne in un comportamento oggettivo e visibile. È facile capire, quindi, come l’aggressività costituisca un concetto né facilmente misurabile, né facilmente analizzabile in maniera valida e chiara. Sull’aggressività di una certa persona, e sulle eventuali conseguenze di tale aggressività, si possono perciò solamente fare delle supposizioni molto generali, mentre sul comportamento aggressivo, cioè su una condotta ben visibile e osservabile, risulta assai più facile effettuare delle osservazioni e delle ricerche più precise. Il modello idraulico di Lorenz e quello di Freud costituiscono un ottimo esempio per chiarire la questione: nelle loro teorie è infatti evidenziata in maniera molto chiara la distinzione tra l’accumulo di aggressività all’interno di un individuo ed il comportamento aggressivo conseguentemente messo in atto da tale individuo per diminuire la tensione generata da un simile accumulo. Risulta perciò chiaro che il termine «aggressività» evidenzia in maniera particolare una possibilità latente, una «carica» insita all’interno dell’uomo e perciò difficilmente osservabile. Parlare in maniera specifica di «comportamento aggressivo», significa invece focalizzarsi soprattutto sull’atto in sé, oggettivo, fattuale, e quindi facilmente osservabile.
È necessario evidenziare che world bodies […] have forever struggled with the definition of aggression (Crabb & Rosnow, 1988, pag. 105); Crabb, sulla base di uno studio effettuato con Rosnow, sostiene che “perceived aggressiveness of an action depended on the relative context in which the action is judged, rather than on shared, objective criteria of evaluation”, e che “the relativity of perceived aggressiveness poses serious problems for the maintenance of peaceful relations among nations” (Crabb, 1989, pag. 345). 

Anche all’interno del campo della psicologia sociale le diverse impostazioni teoriche hanno prodotto definizioni del concetto di comportamento aggressivo abbastanza discordanti tra loro. Per definire una condotta come aggressiva, è necessario innanzitutto che essa sia stata messa in atto intenzionalmente, e non in maniera accidentale: “Accidental harm is not aggressive because it is not intended. Harm that is an incidental by-product of helpful actions is also not aggressive, because the harm-doer believes that the target is not motivated to avoid action” (Anderson & Bushman, 2002, pag. 29). Martino sostiene che “l’intenzionalità appare caratteristica indispensabile per definire un’azione come violenta” (Martino, 1999, pag. 183). Tuttavia, malgrado la maggior parte degli studiosi consideri l’«intenzionalità» come un requisito fondamentale per definire una condotta come aggressiva, bisogna notare che qualche studioso considera come aggressivi anche comportamenti messi in atto non intenzionalmente: “Aggression has been defined in two ways in the literature. The definition used by Dollard [...] involved intentional infliction of harm on some target. However, Buss [...] excluded intention from his definition of aggression by suggesting that the term aggression be used to refer to any response delivering noxious stimulation” (Manning & Taylor D.A., 1975, pag. 180).
Le definizioni del concetto di comportamento aggressivo inoltre, mettono spesso in rilievo le conseguenze subite dalle vittime di un tale comportamento. Ursin e Olff sostengono che “aggression may be defined as behavior which threatens or actually results in injury to the psysical, psychological, or sociological integrity of a person” (Ursin & Olff, 1995, pag. 13). Secondo Eibl-Eibensfeldt, si possono “definire aggressivi i moduli comportamentali con i quali gli uomini […] fanno valere i propri interessi nonostante la resistenza di altri individui” (Eibl-Eibensfeldt, 1993, pag. 244). Saul Rosenzweig sostiene invece che “l’aggressione in termini generici è sostanzialmente autoaffermazione” (Rosenzweig, 1985, pag.377).