- Categoria: Monografie
- Scritto da Angelo Lascioli
Analisi psicologica e pedagogica del processo motivazionale
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Il termine “motivazione” - centrale per un qualsiasi discorso di tipo educativo – necessita di essere riagganciato al suo significato più profondo di ricerca di “senso”. L’azione del motivare, infatti, si connota come azione eminentemente educativa.
Lo sforzo con cui la psicologia cerca di dar ragione del “come” della motivazione, porta in luce la necessità di chiarire – questa volta da un punto di vista pedagogico – il “cosa” ed il “perché” del processo motivazionale.
L’esplorazione del “sistema mente” evidenzia che la motivazione non è solo un processo attivato da meccanismi di tipo adattivo e/o compensativo perlopiù riconducibili a dimensione inconsce, ma da traguardi di senso che, in forza del potere attrattivo del valore – il cui corrispettivo psichico è il desiderio – sono in grado orientare la vita psichica del soggetto.
Motivazione: drive e motivation
Gli affetti modulano a livello inconsapevole tutta l’attività psichica e di conseguenza la condotta. Questa non è tuttavia determinata soltanto dagli affetti, ma anche da processi cognitivi più elaborati, molti dei quali sono consapevoli: su quest’ultimo elemento si pensa che i fini che un individuo persegue partecipino di quanto, con termine filosofico è stato denominato razionalità, e che in termini psicologici potrebbe essere tradotto come buon adattamento; su tale base inoltre si attribuisce al soggetto un margine decisionale che si basa su strategie di pensiero in larga parte consapevoli, che un tempo si indicavano con i concetti di libero arbitrio e di volontà.
In psicologia, per enucleare su basi scientifiche ciò che porta un soggetto a determinate condotte, è stato coniato il concetto di motivazione, a partire da quello di movente, già in uso nel linguaggio comune per indicare ciò che si pensa possa “muovere” un soggetto verso determinati fini e con determinate condotte. Il concetto motivazione (cui corrisponde in inglese “drive” e “motivation”, con due diverse sfumature semantiche) si è basato sulle ricerche sperimentali, condotte soprattutto sugli animali a partire dagli anni Trenta, per indicare il fattore, o l’insieme di fattori, che inducono l’animale a un certo comportamento o che lo spingono verso certe mete. Il concetto implica quindi quello di “spinta”, interna all’individuo, e/o di telos che attiva – e qui entrano in gioco memoria e rappresentazioni – il soggetto: vis a tergo e vis a fronte, si direbbe col linguaggio di un tempo.
Nell’uomo pertanto la motivazione può essere concepita come un insieme unitario di processi mentali che implicano affetti (che possono a loro volta essere concepiti come spinta intensa, o in certi casi addirittura come bisogni, ma anche in termini di rappresentazioni, consce e inconsce, che agiscono in quel momento nel contesto percettivo situazionale del soggetto) e interessi consapevoli, che configurano dei fini o scopi a loro volta collegati a elaborazioni mestiche. A livello neurologico tali combinazioni trovano il loro equivalente nel fatto che: “Le aree emozionali sono strettamente collegate a tutte le zone della neocorteccia attraverso una miriade di circuiti di connessione. Ciò conferisce ai centri emozionali l’immenso potere di influenzare il funzionamento di tutte le altre aree del cervello – compresi i centri del pensiero” (Goleman, 1996, p. 31). Le motivazioni ad agire in certe direzioni sono fenomeni strettamente connessi a sistemi emozionali che, seppur rimanendo inconsci, incentivano e dirigono il processo di elaborazione e di selezione delle informazioni.
Livelli impliciti, quali gli affetti, e livelli espliciti, quali gli intenti razionalmente perseguiti, concorrono a determinare il processo della motivazione. Come osserva LeDoux: “Sia i sistemi impliciti sia quelli espliciti contribuiscono alla motivazione. La memoria di lavoro è importante nel guidare il comportamento verso obiettivi esplicitamente rappresentati e che possono essere portati a termine sotto il controllo delle funzioni esecutive. Allo stesso tempo, abbiamo sistemi cerebrali che lavorano in maniera implicita al processamento degli incentivi che guidano il comportamento verso determinati obiettivi” (LeDoux 2002, p. 358). Continua LeDoux: “E’ cruciale comprendere non solo come prestiamo attenzione, ricordiamo o ragioniamo, ma anche perché prestiamo attenzione, ricordiamo o ragioniamo su alcune cose piuttosto che su altre” (2002, p. 241). Per l’autore, pensiero, emozione e motivazione costituiscono ciò che egli definisce la “trilogia mentale” (Ibidem 2002, p. 241).
Per Izard (1972) l’emozione costituisce “il sistema primario motivazionale” degli esseri umani. L’emozione però, chiarisce l’autore, non va interpretata come azione ma come lo stato mentale di preparazione all’azione. Inoltre, come osserva Jàuregui: “Il sistema emozionale è un sistema sui generis composto da un repertorio di emozioni, ognuna di natura diversa, mediante il quale il computer emozionale informa il soggetto e lo spinge a svolgere compiti indispensabili al funzionamento dei suoi sistemi fisici (respiratorio, digestivo, termici…) e sociali (biosociali): il sistema emozionale è progettato e installato nel cervello in sincronia con i sistemi somatici e biosociali seguendo tracciati bionaturali o bioculturali” (Jàuregui 1995, pp. 44-45). Si comprende così che nel processo motivazionale agiscono anche fattori di cui il soggetto non è consapevole, o lo è in modo parziale.
La psicoanalisi permette una certa osservazione e descrizione di questi fattori. I processi motivazionali, però, non sono determinati da fattori emotivi e affettivi. Gli studi di Simonov (1970) suggeriscono che essi fanno riferimento ad uno scopo che il soggetto si prefigge in quanto avverte in sé una mancanza in relazione a tale scopo; emozioni e affetti, invece, dipendono dalla situazione di bisogno e dai processi di valutazione e di elaborazione del soggetto in relazione alla tensione con cui persegue la realizzazione della soddisfazione del bisogno. La distinzione operata da Simonov, insieme a quanto osservato da Izard circa il fatto che l’emozione, nel processo motivazionale, non vada interpretata come azione ma come stato mentale di preparazione all’azione, ripropone, seppur in termini diversi, il problema posto da LeDoux.
L’ipotesi che la radice del processo motivazionale vada ricercata esclusivamente all’interno del determinismo biologico, come pure l’ipotesi che dipenda esclusivamente da un processo di condizionamento, sono ormai superate. Nel processo motivazionale interviene sì il sistema emozionale che, però, come osservato da Izard, non può da solo dar ragione dell’azione. Inoltre, come osservato da Simonov, nel processo motivazionale intervengono anche quei processi di coscienza tramite cui il soggetto coglie in sé uno stato di mancanza in relazione ad uno scopo che valuta importante per se stesso. Il problema sollevato da LeDoux diviene quindi decisivo al fine di comprendere il funzionamento di un processo motivazionale. L’interrogativo dell’autore pone in evidenzia la necessità di chiarire come avviene (ed è possibile) che livelli inconsci (impliciti) e consci (espliciti) si trovino allineati nel processamento degli incentivi che guidano il comportamento verso determinati obiettivi.
La risposta a questo problema comporta di necessità un ampliamento del discorso fin qui fatto, specialmente nella direzione di ulteriori approfondimenti.