- Categoria: Racconti
- Scritto da Barbara Lanza
Storia di una Storia
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Ogni storia, che sia vera o del tutto inventata, prende la sua forma definitiva nella mente di chi la scrive. E come ogni mente è diversa dalle altre, così lo sono le storie che queste menti raccontano.
Seppur alcune sembrano simili, c’è sempre un punto di vista che l’altra non ha considerato.
Ma vi siete mai chiesti cosa accadrebbe se la stessa storia venisse raccontata dalla stessa mente, ma in un diverso riferimento spazio-temporale? Probabilmente, se quella mente non ha subìto il fascino della conoscenza, le due versioni della storia alla fine potrebbero pure combaciare. Ma se, al contrario, ha trascorso la sua esistenza a navigare i burrascosi mari del dubbio, alla ricerca di risposte, faticando anche solo per trovarne una, cosa ne sarebbe della vecchia storia? Quella nuova risulterebbe così diversa da sembrare una nuova storia?
Se così fosse, tutte quelle menti capaci di percepire ed elaborare anche i più piccoli stimoli del mondo, potrebbero raccontare nuove vecchie storie continuamente, senza mai fermarsi.
Questa è la storia di una STORIA, catturata, in un preciso momento, da una mente capace di intercettarla.
Non sappiamo se la storia sia vera o se si tratti solo del frutto di una fantasia in fermento. Non sappiamo nemmeno se questa sia una tra le nuove revisioni o l’originale, diciamo la “prima” della storia. La raccontiamo così, per come l’abbiamo trovata, lasciando a ciascuno la libertà di ipotizzare cosa sia accaduto prima che questa storia venisse scritta, e anche cosa potrebbe accadere dopo.
Del resto, è ciò che facciamo quando ci accostiamo a un racconto. Iniziamo con il semplice atto di leggere fin quando, rapiti e appassionati dai suoi personaggi, cominciamo a fargli prendere forma e a delinearli, fino a farli diventare i nostri personaggi; gli diamo dei volti, proviamo a modellarli secondo il nostro gusto. E, quando osiamo osare, ci addentriamo nel luogo immaginativo del loro ideatore, credendo di riuscire a vederli così come lui li aveva originariamente creati. Se qualcosa del racconto non ci piace, allora proviamo a pensare come sarebbe andata se avessimo potuto intervenire proprio in quel punto della narrazione, facendo così prendere alla storia una nuova direzione. Nel far questo, non facciamo altro che creare nuove versioni della stessa storia, che diventano così nuove storie.
Quel giorno la STORIA sentì che era giunto il momento d’essere scritta; era stanca ormai di continuare a vivere come fosse un pensiero anonimo, isolato e astratto, da essere presto dimenticato e andar perso. Così, decise di andare da una vecchia donnina che osservava già da parecchi mesi, la cui casa era così calda e accogliente che ormai aveva finito col passarci gran parte delle sue giornate.
Vi starete domandando come mai una storia, che chieda di essere scritta, sia andata a rivolgersi proprio a una vecchia donnina. La risposta è semplice ma per nulla banale: i sensi spesso ingannano la mente, facendogli intendere ciò che non è; solo una paziente attesa può restituirle la giusta interpretazione della realtà. E la STORIA questo lo aveva imparato da tempo così come aveva imparato a riconoscere quale animo si celasse realmente dentro la custodia di un corpo qualunque.
La vecchia donnina, curvata dal peso del tempo, fischiettava e, impugnando un mestolo in legno come fosse la bacchetta di un direttore d’orchestra, mescolava una fumante zuppa il cui odore avrebbe potuto sciogliere anche i cuori più gelidi.
La STORIA, dopo averla spiata per qualche minuto dal buco della serratura, si convinse ad entrare in cucina con la ferma intenzione di farsi riconoscere. La donnina intanto canticchiava e con un fare lento e delicato si alternava tra i fornelli e il tinello. Mentre era china, intenta a scegliere una tra le tante boccettine delle spezie riposte nel penultimo cassetto del carrellino portatutto (era così che la STORIA aveva finito col chiamarlo), fu presa da un capogiro. Lentamente, si portò verso una sedia e si mise a sedere, stringendo ancora in mano la boccettina del pepe. Iniziò a girarla e rigirarla tra le mani rugose, con lo sguardo fisso nel vuoto. Aveva smesso di fischiettare e tutto intorno era silenzio. Dopo qualche istante di esitazione, si rialzò, controllò la cottura della zuppa, quindi spense i fornelli. La zuppa doveva essere pronta, ne dedusse la STORIA. Stringendo ancora la boccettina tra le dita, la vecchia donnina si recò verso una stanza, posta sul lato opposto della cucina, aiutata da un nodoso bastone in frassino. La porta della stanza era chiusa. La donnina estrasse una chiave dalla tasca del suo grembiule, la infilò nella serratura e, premendo la maniglia verso il basso con tutte le forze che aveva in corpo, la aprì. La STORIA non era mai entrata in quella stanza: “che meraviglia” pensò. Capì, all’istante, che le sue supposizioni erano corrette: quella donna aveva letto e studiato molto nella sua vita. Quindi chi altri, meglio di lei, avrebbe potuto raccontarla?
La stanza profumava di legno, carta e libri. Lungo le tre pareti libere, dal pavimento fino al soffitto, si ergevano scaffali pieni zeppi di libri, intervallati da strani oggetti che sembravano provenire da ogni angolo del mondo. Al centro della stanza un enorme tavolo, anch’esso ricoperto di carte e di libri, occupava quasi tutto lo spazio lasciato libero dagli scaffali. La donnina, che sembrava conoscesse a memoria ciascun libro e la sua esatta collocazione all’interno di quella vasta moltitudine, ne estrasse uno che si trovava nella parte più bassa degli scaffali vicini alla finestra. La STORIA ipotizzò che la donnina doveva aver sistemato i libri che consultava con più frequenza nella parte più bassa, gli altri in quella alta. Il libro che aveva scelto era abbastanza grosso e doveva pesare molto, dato che dovette stringerselo al petto per trascinarsi fino alla scrivania. Qui si sedette e, dopo aver chiuso gli occhi e aver preso un lungo sospirò, lo aprì. La STORIA era così eccitata dall’idea di scoprire cosa contenesse quel libro, che si era perfino dimenticata il motivo per il quale si trovava lì. La donnina sfogliò delicatamente la prima pagina; poi la seconda. La STORIA si accorse che in quel libro mancava il titolo. Già aveva notato la sua assenza nella copertina, ma il tempo e l’osservazione le avevano insegnato che non tutte le copertine di libri, soprattutto se preziosi o antichi, contenevano il titolo. Ma, nella prima o nella seconda pagina, il titolo lo aveva sempre visto. In quel libro no; non ancora. La prima e la seconda pagina erano vuote. La vecchia donnina voltò la terza pagina: era coperta da armoniosi segni calligrafici scritti a mano e facilmente leggibili, con un inchiostro rosso (“scelta molto singolare” pensò dal canto suo la STORIA).
La donnina iniziò a leggere e con lei anche la STORIA. Le prime pagine volarono via rapidamente. La STORIA aveva capito che protagonista di quel corposo libro era un bambino che, nato in circostanze molto umili e precarie, era riuscito comunque a crescere con una gioia e una speranza talmente forti, da riuscire a trasmetterle a chiunque entrasse in contatto con lui. Quel bimbo iniziò rapidamente a prendersi cura degli altri, soprattutto degli adulti, aiutandoli principalmente a ritrovare i loro sogni perduti, spesso smarriti per stanchezza o per incredulità.
Mentre la donnina proseguiva nella lettura, la STORIA aveva come la sensazione d’aver già incontrato, da qualche parte, un bimbo chiamato “il cacciatore di sogni”; ma non ricordava dove. Le pagine scorrevano veloci, una dopo l’altra, e la donnina si alternava tra fragorose risate e occhi singhiozzanti, strabordanti di lacrime. In tutte le circostanze descritte fino a quel momento, il bambino era riuscito sempre a far ritrovare ai suoi amici il sogno perduto. Finché arrivò da una giovane donna. A quel punto la vecchina, di colpo, richiuse il libro, facendolo cadere sul tavolo. La STORIA, che sentiva il suo animo scosso e sconvolto, voleva a tutti i costi sapere come continuasse quella storia. Era stravolta. Non riusciva a spiegarsi perché quel bambino e le sue vicende suscitassero in lei quelle strane sensazioni di smarrimento e confusione. Ma aveva bisogno che la vecchia donnina continuasse a leggere. Capì che doveva fare qualcosa. Corse così a spalancare la finestra e, sfruttando la forza di un gelido soffio di vento, che subito si precipitò nella stanza per farsi largo, riuscì ad aprire il libro proprio tra le pagine in cui la lettura era stata bruscamente interrotta.
La donnina, dopo che si fu alzata per accostare la finestra e ricacciare via lo sgradito ospite, si accorse che il libro era nuovamente aperto, e la puntava come se le chiedesse di essere letto ancora. Stette un poco in piedi, immobile, perché stare ferma la aiutava a ragionare meglio. Dopo qualche attimo, tornò lentamente alla sua scrivania, si sedette e riprese il libro. La STORIA era soddisfatta: per la seconda volta era riuscita a convincere la donnina.
Entrambe ripresero la lettura. La giovane donna era davvero una persona in gamba. Aveva realizzato per lo più imprese lavorative di successo ottenendo numerosi riconoscimenti. Ma ogni sera quando rientrava a casa il suo povero cuore, nel buio della notte, piangeva perdutamente dentro di lei. Un giorno il bambino udì quel sordo lamento. Da quella volta, tutte le notti, il lamento tornava a trovarlo e lo teneva sveglio per molte ore. Decise che quel caso era davvero urgente e comprese che avrebbe dovuto recarsi personalmente dalla donna, anche se fino a quel momento era avvenuto sempre il contrario. Infatti, una regola fondamentale perché il suo aiuto funzionasse era che bisogna voler ritrovare il proprio sogno. Senza una ferma e consapevole volontà, il sogno non poteva essere recuperato. Ma quel lamento, apparentemente silenzioso, così silenzioso da non essere udito neppure dalla giovane donna, non gli dava più pace. Così il bambino si mise in viaggio, senza conoscere esattamente quale fosse la meta: la sua unica bussola era il lamento sordo di un cuore morente. Dal momento che quel cuore poteva piangere e urlare solo al buio della notte, il bambino fu costretto a viaggiare di notte e a dormire di giorno. Il cammino fu molto, molto lungo. Ci vollero due anni prima di giungere, nel cuore di una notte gelida, di fronte alla casa in cui abitava la giovane donna.
Il bambino aspettava lì, fuori dalla porta della casa, mentre al suo interno un cuore, prigioniero e incatenato, scalpitava a tal punto da far rimbombare le lenzuola. La donna lentamente si risvegliò, disturbata da quel ritmico frastuono. Si sentiva strana. Era completamente sudata. Con gli occhi ancora socchiusi, si alzò, spinta dalla sete e dal bisogno urgente di prendere una boccata d’aria. Scese al piano inferiore, andò in cucina, riempì mezzo bicchiere d’acqua e, stringendolo tra le mani, si avviò verso l’uscio. Aprì la porta e di fronte si trovò un bambino; il bambino.
Nessuno dei due ebbe paura: era come se lei lo stesse aspettando e lui sapesse che di lì a poco lei sarebbe venuta ad aprire. Si guardarono, a lungo. Il bambino la carezzò con i suoi occhi, così dolci e pieni d’amore che riuscirono a penetrare fino al suo cuore, calmandolo e colmandolo.
A questo punto, la donnina smise nuovamente di leggere, richiudendo il libro. La STORIA pensò che stesse nuovamente facendo i capricci. No! Non poteva fermarsi proprio lì, sul più bello: finalmente il bambino aveva raggiunto la giovane donna e forse poteva farle ritrovare il suo sogno perduto! Mentre rimuginava questi pensieri, la STORIA si rese conto che la vecchia donnina stava piangendo. Provò molta pena per lei, ma non capiva perché stesse piangendo. La vecchia pianse a lungo. Finché a un tratto, dopo aver rapidamente frugato dentro una cassettina di latta, tirò fuori una penna dal tappo rosso. Provò a vedere se scrivesse e, accennando un sorriso che le illuminò il viso stanco, riaprì il libro. Dopo aver voltato pagina, la STORIA si accorse che tutte le rimanenti erano vuote. Che voleva dire? Era stravolta. Guardava la donnina, per trovare risposte nei suoi piccoli occhi pensanti, ma non capiva. Intanto, la mano della donnina si era dolcemente appoggiata alla pagina e, poco a poco, il foglio bianco iniziò a tingersi di luminosi caratteri rossi. La STORIA cercava di leggere, ma non ci riuscì. Si sentiva tremare; era come risucchiata da un vortice che tentava di trascinarla verso il basso. Cosa le stava accadendo? Cercò di aggrapparsi alla donnina, ma ormai il turbine la stava risucchiando precipitosamente verso la punta della penna.
Non appena la STORIA toccò l’inchiostro e l’inchiostro colorò con il suo tratto deciso la riga vuota della pagina, in un attimo tutto le divenne più chiaro: lei era quella storia, lasciata a metà da una giovane donna che, dopo aver ritrovato il suo sogno, lo aveva ricacciato in fondo al cuore perché non possedeva più alcuna forza per credere ancora in lui.
Non ci volle molto perché la STORIA, che finalmente aveva trovato ristoro tra le pagine di quel vecchio libro, capisse anche che un sogno abbandonato in fondo al cuore non smette mai di esistere e, prima o poi, tornerà a bussare alla nostra porta per chiederci di essere vissuto.
Autrice: Barbara Lanza, ingegnere informatico vocata ad attività educative.
copyright © Educare.it - Anno XVII, N. 01, Gennaio 2017