- Categoria: Pedagogia del quotidiano
- Scritto da Arianna Montagni
Crescere ed educare: aspetti importanti che favorisco i rapporti affettivi tra genitori e figli
Ogni genitore cerca di fare del suo meglio nel costruire il rapporto con i propri figli: adottando un fare educativo che persegue il fine di aiutarli a raggiungere la felicità trasmettendo principi fondanti la persona, quali senso di responsabilità, impegno e costanza, ecc. Ma si può essere certi che questo basti per essere felici?
Oggi l’adulto rischia forti oscillazioni tra insegnare e educare, la sfida è creare un equilibrio. Insegnare [dal lat. insĭgnare, propr. «imprimere segni (nella mente)»] significa trasmettere informazioni, regole che, però, potrebbero non avere un senso per il bambino; educare [dal lat. educare, intens. di educĕre «trarre fuori, allevare»] è propriamente un “tirare fuori”, quindi mediante l’educazione si trova il modo migliore per far esprimere l’originale sé dei figli. Tra i due estremi l’ago magnetico per orientarsi è il principio della libertà del bambino nella acquisizione delle sue strategie per “cercare la felicità”, dentro un rapporto affettivo significativo sostenuto da azioni di protezione responsabile, una sicurezza di base nei legami affettivi ed una stabile “sicurezza percepita” dell’ambiente circostante.
I genitori sono il ponte che unisce due mondi per l’infante: interno fatto di istinti, emozioni e sentimenti; esterno costruzione culturale delle regole di interazione tra le persone. Questa posizione corrisponde alla dimensione del “qui e ora”, tempo che ogni genitore utilizza per traghettare i figli verso l’adultità e, certo, rinforzare gli aspetti creativi che consentiranno il “tirare fuorida sé” le qualità personali migliori.
Come si aiuta un figlio ad esprimere il mondo che ha dentro di sè? Da dove si parte? Cosa può aiutare a migliorare i rapporti tra genitori e figli in funzione della crescita in tutti i suoi aspetti?
Si parte dall’ABC della costruzione dei legami affettivi, relazioni significative che fanno percepire l’altro come importante e base sicura (Bowlby) e sé stesso come degno di ricevere cura e protezione. Su questi due fondamenti si dispongono poi i mattoni della crescita. È certo noto che l’attaccamento è un legame generalmente esclusivo tra madre (in sua assenza con il padre) e bambino che genera sicurezza e fiducia di base. Composto da un sistema di comportamenti essi hanno il compito di avvicinare (fino 3 anni), e/o sollecitare la disponibilità emotiva e cognitiva delle figure genitoriali (da 3 anni in poi) per proteggere il bambino da stress fisico, ambientale o emotivo.
La cura del legame da parte del genitore si fonda sulla capacità di essere “responsivo e accessibile” soprattutto in due momenti importanti della vita del bambino:
- l’ esplorazione. Si pensi a quanto possa essere faticoso per i più piccoli giocare in autonomia in un parco giochi nuovo. All’inizio, non conoscendo l’ambiente il piccolo cercherà il supporto dell’adulto. Lo stesso accade per le prime letture o per i primi momenti dedicati alla scrittura: avere la vicinanza del genitore fa la differenza. La soluzione, quindi, è l’esplorazione congiunta all’apprendimento;
- la paura, ossia il sentirsi in pericolo: la prima reazione, spesso, è quella di fuggire in un posto sicuro, e appunto la figura genitoriale è il posto ideale dove trovare “conforto” e rassicurazione contro la paura.
È indubbio, i bambini necessitano di vicinanza, calore, sintonia, accesso, gioia e amore. La creazione di un rapporto di attaccamento sicuro (M. Ainsworth) passa certo attraverso l’accudimento, ma ciò che genera crescita e valorizzazione dei legami è la capacità del genitore di dare benessere al bambino e conforto quando si sente in pericolo o in difficoltà. Dentro la relazione incarnare la funzione protettiva trasformando la presenta dell’adulto in un sentito vitale. Un sistema percettivo composto da sensazioni che si generano da esperienze quotidiane di accoglienza, rispetto per i tempi, adeguatezza nel contenere l’eccitazione, alternanza tra abbracci contatto e singolarità del sé, calore corporeo e cura.
Sotto i 3 anni affinate la capacità di osservare
La funzione protettiva in questo periodo è soprattutto accessibilità-presenza fisica materna. La vicinanza non è un capriccio o un’assenza di autonomia, come spesso viene intesa da molti. Si qualifica invece come necessità interna che calma il bambino dal controllo dell’ambiente circostante per ottenere una positiva sensazione di sicurezza e fiducia.
Per facilitare l’osservazione senz’altro avere alcune conoscenze per individuare e identificare i tre comportamenti tipici che il bambino attua per stimolare la risosta genitoriale, può essere utile:
- comportamenti di segnalazione: lo sguardo, il sorriso, il vocalizzo …
- comportamenti di accostamento: l’aggrapparsi, il seguire il genitore (es. gattonare)
- comportamenti avversivi: il pianto, il gridare…
Dedicarsi all’osservazione del bambino, guidare i suoi primi passi verso l’altro riconoscendo che, se rincorre un genitore, lo fa per stare con lui, se piange ha necessità di entrare in contatto o se sorride tenta una prima sperimentazione relazionale aiuterà a trovare la direzione per raggiungere lo scopo: far sì che diventi una persona sicura e felice.
Dai tre anni per arrivare fino all’adolescenza siate flessibili con il crescere dei figli cambiate il modo di relazionare, la vicinanza non sarà più prioritaria.
Diminuzione delle richieste di vicinanza: crescendo, i figli sperimentano più relazioni ed esperienze e la necessità di protezione penetra in un numero sempre minore di aspetti della vita quotidiana. Il bambino non avrà più paura del parco giochi, delle sue maestre, di ordinare la pizza al cameriere… l’esperienza crea sicurezza.
Modificazione dei comportamenti che cercano di stimolare la risposta genitoriale: i figli cresceranno nelle competenze cognitive ed emotive. Le richieste non saranno più relative alla vicinanza fisica, ma rispetto al modo di comportarsi degli adulti. Cercheranno di individuare i comportamenti che si ripetono, le risposte esempio: sapranno che dopo un urlo la mamma lo coccola, che se si allontana poi torna, che quando si fa male gli adulti non lo lasciano solo, che se sono arrabbiato e faccio male al fratello la mamma si addolora.
La capacità di anticipare la risposta genitoriale osservando che ciò che accade è quello che si aspettavano, accresce il legame con la figura di riferimento. All’adulto spetta il duplice compito creare delle aspettative prevedibili e ricordare che il sistema di attaccamento si modifica, ma non scompare mai.
Una sensibilità verso il bisogno intrinseco di attaccamento, consente di avere nel tempo una relazione caratterizzata dalla capacità del genitore di essere facilitatore disponibile per il figlio, non dimentichiamo che l’adulto è un intermediario tra sé e il mondo esterno. Come facilitatore della crescita importante è non eccedere in:
- iperegolazione (eccesso di intrusività che impediscono al bambino una sana sperimentazione del sé, dei suoi bisogni)
- iporegolazione (assenza di risposta genitoriale nell’aiuto della regolazione delle componenti sia emotive sia fisiologiche)
- inadeguatezza (le risposte del genitore si svolgono dentro una relazione non sintonizzata tra stimolo bambino-risposta genitore).
Restare in equilibrio tra questi tre comportamenti permette di entrare in contatto con i figli, promuovendo una interiorizzazione delle figure adulte come buone. Mirare quanto possibile ad uno stile educativo autorevole e una comunicazione aperta è una buona garanzia per proteggere le relazione significative. Molti avranno sperimentato il fatto che minacce, urla o anche troppa libertà mettono il bambino in uno stato di allerta, sensazione che mina la sicurezza e di conseguenza altera la crescita sana dei legami affettivi. L’essere un facilitatore disponibile non risiede in comportamenti che esasperano, bloccano la crescita creativa del figlio, ma nella ricerca convinta di uno stile genitoriale che chiarisca sempre le ragioni e promuova autonomia e iniziativa. Come professionista dell’educazione però ritengo sia importante tenere il punto su alcuni elementi imprescindibili quando educhiamo:
- le richieste che vengono fatte ai propri figli devono tenere conto delle capacità proprie dell’età, per non metterli in una dimensione di incapacità personale;
- dare indicazioni chiare rispetto a regole e limiti, devono essere espresse e spiegate con semplicità, vanno indicate anche quali sono le conseguenze della trasgressione, soprattutto nei termini di perdita di fiducia;
- non è necessario essere eccessivamente duri o severi, autorità non è educazione; - rispettare le diversità individuali, vivere con serenità le caratteristiche (anche faticose) dei figli. Più si cercherà di eliminarle più si rinforzeranno, piuttosto cerchiamo una soluzione insieme, stando nel dialogo, nella dimensione esperienziale. Quando i ragazzi sperimentano una delusione, conteniamo le emozioni e chiediamo loro di osservare certo la sofferenza, ma anche lo sforzo e la capacità che è servita per fare quell’esperienza; - educazione è anche sbagliare, solo l’errore apre al cambiamento.
Molte di queste indicazioni possono guidare il genitore e essere una bussola che segna il nord. La crescita delle relazioni familiari è fatta di un costante impegno e di seria responsabilità. I legami affettivi hanno un valore predittivo per il benessere del bambino e del suo nucleo di riferimento, quindi la buona educazione è dentro un’evoluzione dei rapporti che cambia e migliora se gli adulti sono spinti dall’amore e dal rispetto della diversità (da loro) dei figli.
Bibliografia: CASSIDY, P. R. SHAVER (2016). Manuale dell'attaccamento. Teoria, ricerca e applicazioni cliniche. 2. Ed. Giovanni Fioriti Editore.
Autrice: Arianna Montagni, Pedagogista, Master post universitario in Pedagogia clinica e corso post universitario abilitante la professione di Mediazione familiare indirizzo globale.
copyright © Educare.it - Anno XVIII, N. 11, Novembre 2018