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- Scritto da Eugenio Tipaldi
E' ancora attuale il pensiero di Jean Piaget?
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Jean Piaget, nato nel 1896 e morto nel 1980, ha studiato per tutta la sua vita lo sviluppo della intelligenza e quindi lo sviluppo cognitivo del bambino dalla nascita fino ad arrivare alla maturità, dando inizio alla psicologia dello sviluppo di marca cognitivista.
In verità già Freud aveva parlato di “fasi” nello sviluppo del bambino: la fase orale, la fase anale e la fase fallica fino ad arrivare alla maturità genitale. Merito del fondatore della psicoanalisi è stata quello di rivelare la sessualità del bambino fino ad allora ignorata (il bambino è definito un “perverso poliformo”).
La sua teoria della sessualità ci aiuta a spiegare i rapporti all’interno della famiglia, per esempio la famosa triangolarità edipica padre-madre-bambino, anche se alcuni studiosi ritengono che, mutando oggi la situazione sociale e familiare con il decadimento del ruolo del padre, sia mutato lo stesso complesso di Edipo.
Piaget, invece, parte dallo studio di come si sviluppa l’intelligenza descrivendo quattro “stadi” principali. La sua teoria ci aiuta a capire come si sviluppano le operazioni cognitive del bambini fino ad arrivare al pensiero ipotetico-deduttivo che è considerato il punto d’arrivo della maturità.
In questo saggio cercherò di descrivere prima il pensiero di Piaget, la sua teoria degli stadi, poi le principali critiche che gli sono state mosse e infine spiegherò perché Jean Piaget è ancora attuale, nonostante i limiti individuati.
LA TEORIA DEGLI STADI
Jean Piaget ha definito la sua teoria come psicologia genetica, non nel senso ereditario del termine, ma intendendo con questa espressione che si vuole studiare la genesi dell’intelligenza.
Egli propone, a questo proposito, la famosa teoria degli stadi.
Lo “stadio” è una fase di sviluppo. Piaget ne individua quattro principali nello sviluppo della logica infantile:
1. Dalla nascita a un anno e mezzo, il periodo sensomotorio, anteriore al linguaggio, in cui non esistono ancora né operazioni propriamente dette né logica.
L’intelligenza per Piaget compare prima del linguaggio, cioé prima del pensiero interiore che è un linguaggio interiorizzato. Si tratta però di un’intelligenza pratica, basata sulla manipolazione degli oggetti e che, invece delle parole e dei concetti, utilizza solo percezioni e movimenti organizzati in “schemi d’azione”: per esempio l’uso di un bastoncino per avvicinare un oggetto o il tirare la coperta per avvicinarlo.
Nella fase iniziale il bambino è “egocentrico” nel senso che l’io non si distingue ancora dall’universo oggettivo, ma il proprio corpo appare come un elemento fra gli altri. Poi il bambino ,vero i due anni d’età circa, riesce a costruire le categorie dell’oggetto e dello spazio, e della causalità e del tempo.
Nel saggio Lo sviluppo mentale del bambino (1960) Piaget divide questo periodo in realtà in tre stadi:
1. lo stadio dei riflessi o dei meccanismi ereditari; 2. lo stadio delle prime abitudini motorie e delle prime percezioni organizzate; 3.lo stadio dell’intelligenza sensomotoria o pratica che conclude il periodo della prima infanzia.
2. Dai due ai sette-otto anni ha inizio il pensiero con il linguaggio, il gioco simbolico, l’imitazione differita , l’immagine mentale e le altre forme della funzione simbolica, quello che Piaget chiama lo stadio dell’intelligenza intuitiva. Con l’apparire del linguaggio, la condotta del bambino si modifica profondamente sia nel suo aspetto affettivo sia in quello intellettivo. Il bambino è capace di ricostituire le azioni passate sotto forma di racconto e di anticipare le azioni future con la rappresentazione verbale. Comincia anche, con il linguaggio , la socializzazione dell’azione, lo scambio e la comunicazione tra individui, per esempio nelle regole del gioco. E’ anche il periodo caratterizzato dall’animismo e dal finalismo, come avviene per gli uomini primitivi. Per Piaget l’ontogenesi ripete la filogenesi.
3. A partire dai sette- otto anni, il bambino, invece delle condotte impulsive della prima infanzia, prima di agire pensa e comincia così a conquistare la difficile condotta dalla riflessione. Comincia a liberarsi dall’egocentrismo sociale e intellettuale e diviene quindi capace di nuove coordinazioni, per esempio impara a contare (non a caso è l’età in cui comincia la scolarizzazione).
E’ lo stadio delle operazioni concrete che si rifanno all’esperienza e alla realtà.
4. Verso gli undici- dodici anni, infine, c’è lo stadio delle operazioni formali, ove compare il
ragionamento ipotetico-deduttivo. L’adolescente è capace non solo di partire da operazioni concrete, ma può immaginare anche il possibile formulando delle ipotesi.
Il passaggio da uno stadio all’altro non è quantitativo, ma qualitativo. Ogni passaggio richiede un’assimilazione del precedente stadio, cioè un’incorporazione delle strutture già costruite, e un accomodamento, cioè un riadattare queste funzioni alle trasformazioni subite. Si ha così un nuovo equilibrio corrispondente all’acquisizione del nuovo stadio.
Il passaggio da uno stadio all’altro può essere ritardato, ma è continuo e progressivo, cioè non si può passare a uno stadio senza passare per il precedente.