- Categoria: Separazione e divorzio
- Scritto da Maddalena Granata
Ho una relazione con una ragazza madre
Mi chiamo Gianfranco, ho 26 anni e da 2 mesi ho ripreso ad avere contatti con una ragazza con la quale ho avuto una storia negli anni passati. Lei ha 30 anni, un bellissimo bambino di 2 anni ed è uscita da circa 7 mesi da una storia d’amore “fallimentare” con un compagno (a detta di lei) assente e privo di sentimenti.
Il nostro è stato un vero ritorno di fiamma o meglio la consapevolezza di voler vivere ciò che il passato ci aveva negato.
Io sto ultimando il mio percorso di studio, mentre lei, laureata e disoccupata, vive in un appartamento separato da quello della madre.
Abbiamo scelto di frequentarci e conoscerci meglio ma al contempo di essere molto cauti e con i piedi a terra in quanto le condizioni reali di precarietà economica non ci consentono di poter progettare nulla di concreto nel breve termine.
Per il bene del bambino cerchiamo di vederci quasi sempre mentre lui dorme ma non mancano le occasioni di trascorrere qualche ora tutti insieme. In presenza del bambino evitiamo baci, abbracci o carezze ma ci limitiamo a giocare e scherzare tutti insieme.
Non nego che spesso ho avuto il timore che il bambino potesse avere dei rifiuti nei miei confronti ma la verità è che spesso è lui a voler giocare con me e i suoi occhi e i suoi sorrisi mi trasmettono tanta tenerezza.
Il problema è che il nostro comportamento o forse la nostra storia non viene accettata da alcune persone, in particolare dalla madre di lei, in quanto sostiene che sia sbagliata la relazione tra me e sua figlia, che sia sbagliato vedersi a casa sua anche quando il bambino dorme oppure in sua presenza poiché potrebbe crescere con dei traumi e complessi che comprometterebbero la sua evoluzione emotiva. In tutto ciò la figlia viene ancora trattata come un’adolescente e irresponsabile nei confronti del figlio.
Voi cosa mi consigliate? Come dovrei comportarmi? Il figlio potrebbe realmente avere dei problemi nella sua crescita?
Caro Gianfranco,
da ciò che scrive sembra che sia lei che la sua compagna stiate facendo le cose con molta ponderazione, riflettendo sui vostri passi e sulle loro conseguenze. Credo che questo punto di partenza sia di per sé l'assicurazione per fare bene, o meglio, per fare del vostro meglio, sia per voi che per il bambino.
Lo sviluppo emotivo e relazionale di un bambino, anche così piccolo, va di pari passo con la serenità della madre (o dei genitori in generale). In questo caso io credo che poter avere una persona con cui stare bene ed essere sereni possa rappresentare per questa ragazza solo qualcosa di positivo. Di rimando anche suo figlio potrà essere sereno e stare con voi anche da sveglio senza avere conseguenze negative.
Le vostre attenzioni nei suoi confronti sono a mio parere sufficienti perché possa accettare la tua presenza e forse anche trarne dei vantaggi. Un riferimento maschile, positivo, non può che giocare ad un bambino a cui tra l'altro manca quello primario del padre. Non vi sono presupposti per pensare ad un trauma di nessun genere, l'importante è condividere con il piccolo momenti e attenzioni così che si possa sentire semplicemente sereno.
Se la preoccupazione della famiglia della sua compagna riguarda la possibile fine della vostra storia e l'allontanamento dal piccolo, sinceramente, non condivido questa posizione nel momento in cui la storia nasce attraverso un rapporto sincero e profondo che vuole trovare una progettualità futura, anche se momentaneamente ostacolata da motivi economici e logistici. Datevi il tempo di trovare i vostri equilibri, dando anche al piccolo la possibilità di partecipare a "sua" misura, quindi con tutte le attenzioni e precauzioni del caso che capirete e saprete come gestire nel tempo in divenire con un po' di buon senso e tanto affetto.
Leggendo le sue parole credo che la famiglia della sua compagna in qualche misura stia condizionando le sue scelte o comunque ha modalità giudicanti e decisionali nei confronti di quella figlia che, sola con un bimbo, può alla fine lasciarsi convincere e/o "attaccare" da questi atteggiamenti. Se così fosse, mi permetto un personalissimo consiglio: una donna di 30 anni, madre, potrebbe trovare il coraggio e la forza di perseguire le proprie idee e la propria strada, al di là della famiglia di origine, persino del compagno, per il bene di se stessa e quindi di rimando per il bene di suo figlio. Lo faccia con affetto e pazienza affinché il rapporto con la famiglia di origine non sia messo in discussione nelle sue radici.
copyright © Educare.it - Anno XV, N. 1, Gennaio 2015
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