Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXV, n. 5 - Maggio 2025

Non sopporto più mio marito

Sono sposata da 5 anni e ho un bimbo di 4 anni da mio marito, di diversi anni più anziano di me e divorziato da tempo da un precedente matrimonio, da cui sono nati 2 figli ora grandi.
Il rapporto con mio marito è sempre stato molto conflittuale, già durante gli anni di convivenza, ma dopo la nascita di ns. figlio e, soprattutto, negli ultimi due anni si è deteriorato a dismisura.
Ora non voglio investigare i motivi per cui questo accade o è accaduto. Ciò che importa è che la situazione è in costante peggioramento, che i litigi e le urlate, anche davanti a ns. figlio, stanno diventando sempre più frequenti e io temo seriamente che qs. danneggi la sua psiche.

Premetto che lui è un bimbo apparentemente socievole, allegro e solare.
Dico apparentemente perché negli ultimi mesi tende ad essere più nervoso e irascibile, si arrabbia molto facilmente quando non riesce a fare una cosa, ha delle reazione a volte leggermente aggressive nei confronti del prossimo.
Insomma, sembra trasporre nel suo mondo ciò che probabilmente vede fare ai suoi genitori.
Debbo dire che, fino a circa un anno fa, io riuscivo a mitigare molto di più gli scatti di nervosismo di suo padre, le urlate ecc. ecc., nel senso che riuscivo a... non reagire e quindi tutto si quietava nel giro di breve.
Mio marito, infatti, è tendenzialmente una persona irritabile e sempre piena di preoccupazioni, soprattutto per il lavoro, quindi tende a portare tanta tensione in casa, con pochi sorrisi e pochissima allegria.
Nell'ultimo anno mi sono allontanata molto da lui, per stanchezza, rifiuto, e molti altri motivi che è troppo lungo descrivere qui. Fatto sta che ho iniziato a essere sempre meno paziente, a rispondere "a tono" sempre più spesso, a non fargliene passare più una... insomma, io sono proprio stufa di avere accanto un uomo così e ciò ha determinato un crescendo costante e incontrollato di liti e aggressioni (verbali ma molto violente) anche, purtroppo, davanti al bimbo.
Visto che tutto ciò peggiora, in frequenza e aggressività, di giorno in giorno, mi chiedo se sia davvero il caso di mantenere in vita questo pseudo matrimonio in nome del ns. bimbo, come reclama suo padre.
Io temo che, alla lunga, possano essere più i danni che i benefici, anche se è vero che ns. figlio ha un legame fortissimo con me ma anche con suo padre.
Medito costantemente la separazione, con la testa sono già fuori da qs matrimonio, nel senso che vedo una casa e un po’ di serenità, finalmente, per me e mio figlio, lontani da tanta tensione (preciso che quando suo papà è via per lavoro io sono estremamente rilassata e gioiosa, e avverto bene che anche il mio bimbo assorbe questo da me ed è più sereno) ma nello stesso tempo ho paura di fare la scelta più sbagliata per mio figlio.
Insomma, temo che rischierei di isolarlo ancora di più e di fargli involontariamente più male che bene.
Oltretutto, mio marito teorizza vendette contro di me al solo sentire la parola "separazione", mi ha già predetto le peggiori cose e conseguenze... insomma, so già che si tratterebbe di una guerra-separazione, anche perché io non riesco a mantenermi da sola, pur essendo libera professionista, e lui questo lo sa bene, quindi si instaurerebbe davvero una lotta senza esclusioni di colpi.
Insomma, cosa debbo fare? La situazione in casa non migliorerà, ne sono pressoché sicura, troppo è ormai l'astio e il rancore da parte di entrambi.
E' meglio, per un bimbo di 4 anni, avere due genitori costantemente in lite e nervosi, o subire il trauma di una separazione che, ribadisco, facilmente si tramuterebbe in una guerra ancora più aspra?
Ho chiesto a suo padre di consentirmi di lasciare la casa (è sua e quindi lui non si smuoverebbe mai) con il mio bimbo per un po’ di tempo, per valutare un po’ a distanza ciò che vogliamo e ciò che è meglio fare, soprattutto nell'interesse di ns figlio. Lui non vuole sentir parlare nemmeno di qs possibilità, si rende conto che potrebbe essere una scelta definitiva e mi ha sempre ribadito che, nel caso decidessi di farlo, si rivolgerebbe immediatamente alle forze dell'ordine per sottrarmi il bimbo, visto che sarei io ad allontanarmi dalla casa coniugale.
Ma a me, questo, poco importa; voglio cercare di capire cosa posso fare per far stare meglio mio figlio e evitargli danni irreversibili.

 

Gentile sig.ra Angela
la situazione che mi descrive è molto complessa per una serie di elementi che sono tra loro interdipendenti. Scegliere in questi casi è molto difficile, perché non si può trovare una soluzione che possa essere accettata serenamente da tutte le parti; occorre, allora, cercare di individuare uno o più criteri cui si attribuisce valore e che permettono di effettuare un discernimento tra gli elementi in gioco.
In questa direzione vorrei provare a darle il mio contributo. Nella sua e-mail mi colpisce come nella situazione attuale lei, suo figlio e suo marito siate tutti insoddisfatti, seppur in modo ed in misura diversi. In questa sofferenza diffusa, lei si preoccupa per ciò che sta provando il suo bambino; nella vostra famiglia è la persona con minor difese e, per questo motivo, è colui che potrebbe stare peggio. Questo può essere un primo criterio: orientare una scelta sul bene prioritario del bambino.
Pur condividendo questo orientamento, non sarei tuttavia troppo drastico sui temuti “danni irreversibili” che egli può subire a causa della tensione tra lei e suo marito. E’ dimostrato nei fatti e negli studi che, fortunatamente, l’essere umano ha una capacità straordinaria di far fronte alle avversità e di ritrovare un equilibrio psicologico anche dopo eventi particolarmente sconvolgenti. Vi è persino la possibilità di educare questa capacità che è nota come resilienza. Rispetto alle “reazioni a volte leggermente aggressive” del suo bambino, la inviterei a pensare che, prima di un sintomo di disagio psicologico, possa trattarsi di un comportamento che nasce da altri motivi, per esempio dall’imitazione degli altri.
Ma torniamo al nostro criterio: in nome del bene del bambino che cosa possono fare la sua mamma ed il suo papà? Credo che questa domanda debba essere posta apertamente ed ottenere una risposta da parte sua e di suo marito, meglio se di fronte ad una persona cui entrambi riconoscete un ruolo di mediazione. Non si tratta di ipotizzare a questo livello la separazione come condizione per la soluzione di ogni difficoltà, ma solo in che modo suo marito e lei potete limitare inutili sofferenze a vostro figlio a causa dei vostri problemi.
Solo in secondo luogo, e probabilmente in diversa sede, può cercare di capire quale accorgimento possa far ritrovare a ciascuno di voi maggiore serenità. Infatti, una volta trovato un argine alla sofferenza delle relazioni per il bene del bambino, è necessario a mio avviso cercare un criterio per capire come consentire a ciascuno benessere e felicità. Probabilmente lei dovrà valutare con distacco e sincerità (requisiti davvero importanti) quanto i sentimenti nei confronti di suo marito siano così irrimediabili come scrive. Per poterlo fare con “distacco e sincerità” spesso è necessario disinnescare la tensione, ristabilire la maggiore serenità possibile, anche provare ad esercitare la difficile pratica del perdono. Solo dopo questa operazione di discernimento può essere presa in considerazione l’ipotesi concreta di una separazione, con la valutazione degli scenari che a quel punto si aprirebbero con l’aiuto di un consulente legale. Anche in quel caso, rimarrebbe comunque la necessità di trovare un piano di accordo con suo marito per l’educazione del vostro bambino, verso cui anche singolarmente siete responsabili e che ne in nessun modo può diventare la vittima del deterioramento delle relazioni tra lei e suo marito.

 


copyright © Educare.it - Anno XII, N. 1, dicembre 2011