- Categoria: Principi educativi, regole
- Scritto da Cristina Ramponi
Arriva il secondo bambino
Sono una mamma preoccupata, tra due settimane arriverà, nella nostra casa e nella nostra vita un bimbo, dovrei essere felice, invece non riesco proprio ad accettare questo evento. Sono preoccupata per la mia prima bimba di 18 mesi e mi chiedo se l'arrivo del fratellino non la privi delle gioie e delle attenzioni che fino ad ora ha ricevuto.
Non riesco ad immaginare la mia vita con il nuovo venuto e non mi sento per niente in grado di affrontare i problemi che ci saranno. Parlando con persone che hanno vissuto la mia stessa esperienza non trovo conforto, e tutti mi suggeriscono di lasciare la mia piccola alla nonna, ma questa non mi sembra una buona soluzione, visto che non riesco ad essere molto schietta con mia suocera e non mi fido molto di lei; infatti è già successo che mi ha nascosto alcune cose su mia figlia.
Vorrei davvero essere felice per l'arrivo di questo bimbo ma non mi sento proprio capace di dividermi in due.. ho davvero paura di non farcela e di rendere due bimbi infelici. Grazie per l'attenzione e per il vostro servizio. Saluti.
Carissima Signora,
comprendo pienamente il Suo stato d'animo e le Sue preoccupazioni, anche solo per il fatto di averle sperimentate in prima persona, in quanto mamma di due bambini. In questo senso, allora, mi piacerebbe che quanto Le scriverò possa essere inteso non tanto come una risposta da "esperto" quanto piuttosto come riflessioni e considerazioni che derivano dall'esperienza diretta.
Non mi aspetto che La tolgano dalle Sue ansie o che Le forniscano soluzioni magiche (le risposte potrà individuarle da sola, attraverso la Sua esperienza) ma sarei lieta se riuscissero a "confortarla", ad infonderLe fiducia, speranza nel fatto che anche Lei ce la potrà fare, che quanto l'aspetta è una prova, seppur faticosa, sopportabile ed in quanto tale può essere positivamente affrontata e superata. Parola di.. sopravvissuta!
Credo inoltre che le preoccupazioni, i timori e le paure che Le si presentano in questo delicato momento, e che Lei riferisce nella Sua lettera, indichino anche una capacità di cogliere i Suoi stati d'animo e che questo sia già di per sé un buon punto di partenza per questa nuova, grande avventura.
Ma vorrei cercare di spiegarmi meglio.
Come Lei ben sa, l'esperienza della maternità (gravidanza e nascita) è un evento trasformatore, direi rivoluzionario, per una donna e all'interno di una coppia: cambiamenti fisici, nuovi equilibri, cura di un essere indifeso e dipendente come un bambino piccolo.
L'arrivo del primo figlio, in particolare, è accompagnato da due momenti ben distinti: il "prima" e il "dopo".
Il "prima", la gravidanza (a condizione che si tratti di un figlio desiderato e che la futura mamma si trovi in un buon equilibrio psicofisico) è quasi un momento magico, è una condizione connotata dalla fantasia, dal desiderio, dall'immaginario. Ci si trova ad immaginare il proprio bambino, a fantasticare sul suo aspetto, sul suo carattere, a pensarlo nel modo più vicino ai nostri desideri, s'immagina che si riuscirà a gestire bene la situazione, che esisterà perfetta sintonia. Si è, cioè, in un particolare stato di grazia, in una sorta di visione un po' onnipotente di se stesse, fondamentali tuttavia per l'accoglienza della nuova vita e per sostenere i pesi dell'attesa e del parto.
Il "dopo" arriva con la nascita del tanto atteso pargoletto ed è sempre una novità, una scoperta; coincide con il "dato di realtà", con l'esperienza concreta dell'essere madre, fatta non soltanto di desiderio e di amore ideali, ma di confronto con il figlio reale, di fatica (fisica e mentale), di gioie e gratificazioni, di rinunce, mediazioni e scelte (tra i propri bisogni e quelli del bambino, tra i tempi dell'accudimento e la necessità di riprendere l'attività lavorativa, di decidere a chi affidare il bambino.. ).
Sono momenti delicati e difficili insieme, anche perché spesso la realtà non corrisponde ai nostri desideri o semplicemente perché non si è mai abbastanza preparati ad affrontare un'esperienza così nuova e coinvolgente come quella della nascita di un figlio ed è pertanto necessario scendere a patti con la vita. Le emozioni in gioco allora diventano tante e magari anche un po' contraddittorie: si ama talmente questo figlio e in alcuni momenti non lo si sopporta proprio; si pende dalle sue labbra e a volte si vorrebbe scappar via perché ci si sente soffocare. E da questa ambivalenza nascono i primi sensi di colpa, le insicurezze, i dubbi sulla propria adeguatezza ed il chiedersi com'è possibile che possano stare insieme emozioni così diverse. Forse perché ci si accorge di non essere, e di non poter essere, come idealmente vorremmo o ci pensavamo, perché non possediamo quella pazienza infinita e spesso ci arrabbiamo, perché siamo stanche, perché siamo bisognose e non possiamo fare tutto e tutto da sole... Ma questa è proprio la nostra natura umana, così imperfetta e limitata.
Si tratta di passaggi che mettono a dura prova il nostro equilibrio, ma che accompagnano tutto il processo della crescita del bambino e richiedono continui adattamenti e strategie.
La seconda maternità è molto differente dalla prima e non solo per il fatto di essere numericamente in tre e non più solo coppia; l'aspetto che le contraddistingue è dato dall'esperienza e pertanto da una maggiore consapevolezza. Diversamente dalla prima esperienza, centrata sulla fantasia, questa seconda è legata al sapere: Lei sa che cosa la potrà aspettare (anche se il bambino che arriverà sarà sicuramente diverso dalla sorellina), sa che cosa significhi occuparsi di un figlio e crescerlo. Ha memoria delle Sue emozioni, delle Sue fatiche (tanto più avendo una bambina ancora piccola); sa anche che è diverso dedicare attenzioni ed energie ad un solo figlio, piuttosto che dividersi in due. Le Sue preoccupazioni sono pertanto legittime ed umane e credo che abbiano accompagnato ed accompagnino la maggioranza delle donne.
Esiste, tuttavia, una "marcia in più", che spesso ci si dimentica di considerare e che deriva proprio dall'esperienza costruita in precedenza e che sicuramente Le verrà in aiuto con il Suo piccolino e Le consentirà di affrontare gli eventi con maggiore tranquillità. E' infatti confermato dalle stesse mamme che con il secondogenito diminuisce il livello di ansia nell'accudimento, che si è più tranquille, meno apprensive, che tante preoccupazioni presenti durante l'attesa vengono in seguito ridimensionate e che la fatica è maggiormente tollerata.
Tuttavia mi chiedo, e glielo pongo come punto di riflessione, se quanto sta vivendo, e cioè la fatica ad accogliere questo bimbo, non implichi anche la fatica ad accettare l'ambivalenza delle Sue emozioni, vale a dire il fatto che quanto sta accadendo in Lei non sia solo fonte di gioia, ma anche di paura ed ansia e se ciò La faccia un po' sentire una madre "indegna", incapace, oggi e domani, di amare questo nuovo figlio come ha amato la Sua primogenita con dei sensi di colpa nei confronti del bambino.
Mi permetta di sottolineare che l'amore per un figlio non sempre è immediato e si sviluppa col tempo, specie se il proprio cuore è già inizialmente occupato da un altro bambino.
Credo sia importante non aspettarsi di essere uguali, di non "fare differenze"; non sarà così, anche solo perché ogni figlio è diverso, suscita in noi emozioni diverse e noi stessi viviamo in momenti e situazioni differenti.
Le Sue preoccupazioni, i Suoi timori, le Sue paure non vanno negati, vanno solo contenuti e cioè accettati, perché Le appartengono, sono preziosi e La possono aiutare ad essere più umana, più vicina emotivamente ai suoi figliuoli, in particolare alla bimba più grande.
Non so poi se nella Sua famiglia d'origine Lei sia stata una figlia primogenita o abbia avuto altri fratelli più giovani per cui, magari, Le risulta facile identificarsi con la condizione della Sua bambina e riviverne le emozioni. Se così fosse potrebbe risultare oggi un'esperienza preziosa utile alla comprensione, sempre che non le susciti troppo dolore (tale da essere insopportabile) e che Lei riesca a distinguere tra il Suo vissuto e quello della Sua bimba, che potrebbe avere anche reazioni diverse da quanto Lei si aspetta.
Non posso negarLe, infatti, che anche la piccola attraverserà i suoi momenti di fatica (d'altronde la stessa vita ci pone continuamente di fronte alle difficoltà), ma sono certa che la Sua sensibilità e la Sua attenzione le saranno d'aiuto per superarli.
Per un bambino, poi, la nascita di un fratellino non è solo sofferenza e gelosia, è anche una grande e vitale occasione di crescita e di maturazione, è arricchente e stimolante.
Ciò che mi colpisce nella Sua lettera è un senso di solitudine, forse determinato solo dal fatto che non è citata la figura del padre. Non ho infatti elementi che definiscano quanto il papà è presente nella vita della figlia e nella Sua, quanto condivida questi Suoi timori e che grado di fiducia e di sostegno esista tra di voi. E' sicuramente un ambito delicato di cui soltanto Lei può dire, valutare e decidere.
In linea generale credo tuttavia che una buona presenza del padre durante questi delicati momenti (durante la gravidanza e dopo la nascita del bambino) possa aiutare e sollevare la madre, specialmente se il padre riesce a svolgere una funzione rassicurante. Anche da un punto di vista più concreto e pratico un aiuto da parte del proprio compagno in casa o nell'accudimento dei bambini è prezioso, se non indispensabile, per un buon equilibrio all'interno della famiglia. Non serve una stretta e rigida definizione di ruoli e competenze, quanto piuttosto un atteggiamento di collaborazione e di sostegno reciproco specie dove esiste più fatica.
A maggior ragione quando i figli diventano due e l'impegno aumenta; il fatto ad esempio che il papà ritagli degli spazi da solo con la propria bambina sarebbe sicuramente di beneficio per la piccola, che potrebbe così sentire di avere le attenzioni su di sé da parte di un genitore e vivrebbe meno pesantemente questo delicato passaggio.
Sulla scorta della mia esperienza mi permetto di proporle alcuni suggerimenti concreti che potrebbero esserle utili per affrontare questa nuova esperienza.
- Sarebbe importante se Lei avesse alcune persone di riferimento e di fiducia (familiari o una collaboratrice esterna retribuita) che la possano aiutare quando sarà a casa con il bambino, specialmente per quanto riguarda l'organizzazione della casa e le faccende domestiche. In questo caso anche il ruolo di Sua suocera potrebbe essere di utilità; potrebbe chiederLe (sempre che i vostri rapporti lo consentano) di aiutarla a svolgere alcune piccole attività casalinghe ed essere così sollevata da alcune faticose incombenze (lavare, stirare, cucinare piatti pronti da poi congelare...). Credo infatti che nei primi tempi sia necessario che le Sue energie siano spese per i bambini e per un Suo doveroso riposo, indispensabile per recuperare forza fisica e mentale. A tal proposito rispetto ai Suoi dubbi se lasciare la Sua piccola alla nonna mi sento di dirLe di seguire unicamente quanto ritiene giusto, di non aver fretta a prendere decisioni e di verificare col tempo ciò che sarà necessario per Lei e per la bambina, prestando attenzione ai Suoi bisogni e alle reazioni della bimba (può essere che Lei abbia bisogno di riposo o di assentarsi e che decida di lasciarla solo per qualche ora o per breve tempo). E' importante infatti che Lei non aggiunga ulteriori situazioni difficili che potrebbero crearle altra ansia e che si senta tranquilla rispetto alle scelte da sostenere (è fondamentale che Lei senta di potersi fidare delle persone a cui affida la bambina, affinché anche la stessa piccola accetti meglio il distacco dalla mamma).
- Come già accennavo, sarebbe utile che anche il papà avesse un ruolo attivo; ad esempio potrebbe occuparsi della bambina durante il periodo di degenza in Ospedale per il parto ed essere presente durante la prima settimana di ritorno a casa per poter condividere insieme questi momenti unici ed irripetibili, aiutarla nella gestione dei bambini e "coccolarla" come ogni mamma merita in queste situazioni! Senza poi trascurare la continuità, anche in seguito, di una divisione del lavoro familiare e di una collaborazione. Naturalmente, lavoro, abitudini, intesa ed accordi tra di voi permettendo.
Carissima Signora, Le formulo i miei più cari auguri affinché tutto vada per il meglio e riesca a ritrovare la fiducia necessaria ad affrontare la grande e misteriosa esperienza del dare la vita. Una raccomandazione: qualora si accorgesse che anche in seguito questo Suo stato d'animo non migliora non esiti a riprendere i contatti con la redazione di Educare.it o, se lo ritiene più opportuno, a rivolgersi al personale del Consultorio familiare della Sua zona per essere aiutata a comprendere meglio il Suo disagio.
copyright © Educare.it - Anno II, Numero 4, Marzo 2002