Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXV, n. 5 - Maggio 2025

Insicurezza all'asilo nido

Buongiorno a tutto lo staff.

Ho scoperto da pochissimo questo sito ed in concomitanza con un problema che mi trovo ad affrontare con mio figlio, di quasi 3 anni, che vi vorrei sottoporre. Abbiamo, mio marito ed io, inserito al Nido il nostro unico figlio a Marzo dello scorso anno, aveva quasi 2 anni, dopo avere trascorso il suo primo anno di vita a casa con me e il secondo con la baby-sitter.

Devo ammettere che abbiamo, incautamente, fatto coincidere l'inserimento al Nido con il nostro trasloco, abbiamo solo cambiato casa, non città, ma naturalmente è stato comunque un po' pesante. L'inserimento è stato, a detta delle educatrici, nella norma tenendo anche conto che i primi tre mesi si ammalava continuamente alternando quindi periodi di frequenza a periodi di assenza.

Lasciarmi al mattino è sempre stato per lui (o per me?) piuttosto difficile: abbiamo infatti un legame molto forte e profondo che tende spesso ad escludere il papà, seppure involontariamente. Con l'arrivo dell'estate le cose si sono assestate, al mattino era possibile, seppure proponendo giochi, biscotti, distrazioni, lasciarlo senza pianti e abbastanza serenamente inoltre durante tutto il periodo della permanenza, 7 ore, partecipava ai giochi, interagiva con gli altri bambini, mangiava con appetito, dormiva ecc. Da due mesi a questa parte le cose si sono modificate in modo, direi quasi preoccupante: piange disperatamente ogni mattina, continua a ripetere come si sveglia e per tutta la strada che non vuole andare "dai bimbi", ultimamente dice anche che non vuole mangiare "dai bimbi".

Ma la cosa più triste è che non gioca più con gli altri bambini, cerca di stare sempre appiccicato alle educatrici, in particolare a due di esse;vuole essere preso in braccio, si isola ed è triste, cosa questa molto particolare poichè è stato sempre un bambino gioioso, solare e allegro. Le educatrici mi dicono che è diventato insicuro, cosa che non è stato nemmeno durante l'inserimento.

Abbiamo cercato, noi genitori, insieme con le ragazze del Nido, di verificare quali cambiamente si sono verificati, da due mesi a questa parte nella vita del bambino. Ve li espongo pregandovi di aiutarmi a capire, se possibile, per poter aiutare il nostro piccolino.

Mio marito ha cambiato lavoro, questo è stato ed è motivo di insicurezza e di ansia per noi: non credo che siamo sempre riusciti a non farlo trasparire. Sono in arrivo 2 cuginetti, nasceranno in primavera: finora è stato il primo e l'unico bambino della mia famiglia (4 fratelli) però non ci vediamo tutte le settimane. I nonni materni, amatissimi, hanno cambiato casa e per un certo periodo non è stato possibile frequentarli come al solito (settimanalmente) inoltre sono naturalmente distratti dall'arrivo dei nuovi nipotini. Un bambino del Nido, di alcuni mesi più piccolo, al quale nostro figlio era particolaemnte legato è stato ritirato dal Nido stesso: era un bambino difficile ma piaceva molto a tutti i maschietti perchè molto vivace e un po' prepotente. Sono subentrate due ragazze, in stage, insieme al personale del Nido checomunque è sempre presente.

Vi ringrazio tantissimo per tutto l'aiuto che mi potrete dare.

 

Gentile Signora,
grazie innanzitutto per il quadro attentamente dettagliato che ci fornisce. La sua testimonianza rievoca ai miei occhi il tragicomico spettacolo che vedo quasi ogni mattino alla scuola materna di mia figlia: i protagonisti assoluti sono i piccoli che vengono inseriti a Gennaio perché compiranno il 3° anno di vita entro Aprile di questo anno; per di più, se non erro, anche suo figlio ha pressappoco la stessa età dei bambini che vedo io.

Insomma, dopo i primi giorni apparentemente tranquilli, ora i piccolissimi stanno accusando il colpo (ma, devo dire, anche quelli già inseriti in Settembre): proprio una settimana fa, ce n'era una che picchiava selvaggiamente la mamma, uno che camminava letteralmente avvinghiato tipo biscia sulla gamba del papà, un altro ancora che più la nonna vecchierella cercava di infilargli le pantofole, più lui le lanciava lontano, e poi si strappava di dosso il grembiule per rinfilarsi la giacca e andare via. Dove? A casa! Ma a casa non c'è nessuno, sono tutti occupati e loro lì a scuola possono divertirsi e trovare affetto. No, loro vogliono irremovibilmente tornare a casa, perché a casa è tutto più tranquillo, caldo e comodo, neutrale e non si sente il trauma terribile del distacco, terribile per loro intendo dire, e non oggettivamente. Anche se a casa c'è poco, niente o nessuno; e poi vuole mettere la rivincita di essere riportati indietro?

Per cui niente pantofole, niente grembiule, teniamoci incollati il cappotto perché lì, a scuola, non si devono mettere radici, non si devono prendere possessi, proprietà, non deve piacere niente, non ci si deve innamorare di nulla.

Ma veniamo senz'altro a lei, cara mamma: la storia dell'inserimento in "società" di suo figlio è probabilmente più articolata di quelle che scorrono quotidianamente sotto i miei occhi, ma sempre di difficoltà di ambientamento si tratta e, soprattutto, del superamento anzi, dell' allargamento del legame simbiotico con la madre.

Infatti, di tanti particolari che lei così gentilmente ha voluto inviarci, a me ne salta agli occhi principalmente uno: quello che lei descrive come una difficoltà reciproca nel lasciarvi al mattino, in cui lei ammette onestamente (brava!) il suo diretto coinvolgimento, e di una involontaria esclusione del papà.

Come giustamente lei intuisce, anche tutti gli altri dettagli possono, quale più quale meno, incidere, ma sono solo un contorno di un nodo: che non è una colpa, intendiamoci, ma una modalità di vivere il legame col proprio figlio, modalità che è trasmissiva nei confronti del figlio stesso, così che lui gliela manda di ritorno tale e quale, comunicandole che anche lui (poiché non può fare il contrario) non la lascia volentieri.

Il rimedio, l'unico io credo, e mi accollo la responsabilità di essere ritenuta banale, è tanta pazienza e positività: la strada di suo figlio, gentile mamma, è di staccarsi da lei ma portandola sempre dentro, nella mente e nel cuore. La scuola è un bel posto, le vostre educatrici sembrano preparate e disponibili e sapranno approfittare dei prossimi bagliori di autonomia che il bambino, quanto prima, riprenderà a dare e promuoverlo nuovamente al distacco, aiutandolo a sentirsi libero di giocare e divertirsi, senza sentirsi "obbligato" a stare sempre attaccato a qualcuno e a non mettere radici.

L'unica possibilità è continuare ad insistere senza essere indulgenti ma solo rimanendo comprensivi, senza mai pensare di retrocedere interrompendo l'esperienza del bambino perché questo sì avrebbe effetti nefasti: gli trasmetterebbe un senso di potere eccessivo e inadeguato e gli renderebbe impossibile mettere in atto altre strategie in inserimenti futuri. Perché tutti, si sa, preferiscono restarsene a casa finché non capiscono che la scuola è interessante e rassicurante e non minaccia proprio niente, certo non gli affetti familiari.

E' così che questi bambini riprendono a sorridere: mi succede adesso e mi succedeva quando ero insegnante. Presto vedrò i disperati di adesso correre spensierati nei corridoi e stenterò a riconoscerli senza il viso congesto, i capelli dritti e le righe di lacrime. Anche mia figlia, cosa crede, ha fatto disastri: 3 anni fa indossavo una sciarpa molto lunga e lei me la ritrovavo spesso appesa dietro col rischio di trascinarmela fuori dalla scuola. Veniva da piangere anche a me ma non ho
desistito.. e ora la birbona piange solo quando vado a prenderla!!

 


copyright © Educare.it - Anno V, Numero 4, Marzo 2005