- Categoria: Problemi al Nido/Scuola dell'Infanzia
- Scritto da Paola Marchionne
Aggressioni al Nido
Sono la mamma single di un bambino di 27 mesi che, causa lavoro, frequenta il nido dall'età di sei mesi. L'inserimento è stato soddisfacente, mio figlio ha legato con le educatrici, specialmente con una di loro; è amato da tutto il personale del nido, in virtù del suo carattere dolce e sorridente. Ama le attività proposte, partecipa ai lavori di gruppo, mangia e dorme nella struttura quando lavoro anche il pomeriggio (due volte a settimana).
Il problema sono i suoi coetanei: succede spesso che lo picchino, con schiaffi, graffi e anche morsi. Le educatrici mi dicono che lui "non si difende" ma piange e cerca conforto fra le loro braccia. A casa il bambino mi racconta che "Mattia mi ha dato le botte" per cui "non voglio andare all'asilo perché ho paura". Anche se andiamo ai giardinetti, la vista di altri bambini che gli vanno incontro, lo paralizza. se non riesce ad evitarli subito, subisce spintoni e cede sempre il passo.
Eppure è un bambino socievole, sia con gli adulti che con i figli di amici (più grandicelli, devo dire) non ha alcuna difficoltà a socializzare. Mi sembra che il continuo subire queste violenze (anche se di bambini, assicuro che lasciano il segno: faccino graffiato, segni di morsi sulle manine) stia infondendogli insicurezza.
Ho parlato con le educatrici dicendo che a mio parere non è lui che deve imparare a difendersi, ma gli altri a non aggredire, ma senza alcun risultato. Prima andava volentieri all'asilo, adesso piange ogni mattina.
Qualche giorno fa, mentre giocavamo, improvvisamente mi ha tirato degli schiaffi proprio in faccia (dove li danno a lui) e ha detto "Mattia è cattivo". Gli ho preso le manine affettuosamente e gli ho risposto che le botte non si danno, che Mattia non è cattivo ma solo triste per qualche motivo. In un'altra occasione, di punto in bianco, sempre durante il gioco, ha cominciato a darsi degli schiaffi proprio sul punto ove precedentemente mi aveva detto di averli ricevuti da questo bambino. Anche in quella occasione gli ho preso le manine e gli ho detto che nessuno doveva far male a quel bel faccino e dalle sue risposte ho capito che rievocava nella sua mente gli episodi subiti all'asilo.
Sono molto preoccupata; vorrei un parere su come gestire la situazione, anzi, su come comportarmi per poter aiutare lui a gestire la situazione affinché non sia pregiudicato il suo sviluppo sereno e armonioso.
Carissima giovane mamma,
innanzi tutto complimenti per il suo coraggio e auguri per il futuro (anche affettivo) suo e del bambino!
Le dico immediatamente che, quanto lei mi scrive, mi lascia non poco perplessa: è possibile che un bimbo da Nido, di soli 27 mesi (poco più di 2 anni), che viene preso a calci e morsi dai suoi compagni, che, in virtù di un buon attaccamento sviluppato all’interno della struttura e di un ottimo adattamento alla situazione di distacco dalla mamma, chiede rifugio presso l’adulto di riferimento, riceva in cambio la semplice osservazione di non essere capace di difendersi ?
Poiché non ho motivo alcuno per dubitarne, le rispondo in base al quadro che lei mi fa.
Per prima cosa il ragionamento teorico, che utilizzo e rievoco spesso: io credo che in Evolutiva e in Educazione tre siano i concetti portanti: la Protezione, la Tutela, la Promozione.
Questi tre concetti accompagnano il Bambino e la sua relazione con l’Adulto, genitore, educatore o insegnante che sia, lungo tutta la loro vita insieme, che è, per il Bambino, un cammino verso la progressiva Autonomia.
All’inizio, quando il Bambino è molto piccolo, l’Adulto instaura con lui un rapporto di accudimento pressoché totale e di Protezione: pensiamo ai primi mesi di vita e alle cure di cui il Bambino necessita. Egli non è capace né di camminare, né di alimentarsi da solo, né di rimanere pulito. All’inizio della sua vita, egli è totalmente dipendente dall’Adulto seppur in grado (importantissimo!) di comunicare con lui.
Man mano che il bimbo cresce, la sua autonomia fisica si va sempre più affermando e anche la sua capacità di esprimersi si rafforza; anche il legame affettivo diventa sempre più simbolico e le distanze dai cari sempre più importanti e allungate. Gli Adulti di riferimento si allontanano dal sostegno fisico (pensiamo a quando lo hanno aiutato a fare i primi passi, anche a tutte le attenzioni ambientali che hanno avuto, tipo agli spigoli o agli ostacoli…) e gli si pongono sempre più frontalmente, in ascolto e in attesa delle sue risposte, delle sue elaborazioni. Quando l’adulto comincia a guardare più da lontano il Bambino, a vigilare sulla sua crescita con un minore diretto coinvolgimento, allora significa che è iniziata la fase della Tutela, in cui l’Adulto interviene quando è necessario facendo attenzione a non soffocare il piccolo.
Su questa si innesta, proseguendo per tutta l’Adolescenza (si spera, se si è lavorato bene!), la Promozione: il Bambino viene incoraggiato all’Esplorazione e all’Esperienza, all’Interesse e agli Apprendimenti, a conoscere e a trovare la sua strada, a svilupparsi e ad esprimersi al suo meglio. Anche in questa fase l’Adulto c’è, è presente, vigila e controlla, interviene se necessario, ma soprattutto incoraggia e spinge figlio o alunno all’indipendenza, aiutandolo a costruire la propria autostima e il suo senso di efficacia, convincendolo in tutti i modi a pensare: “ce la posso fare anche da solo!!”.
Detto questo, passiamo al piano più pratico: secondo il mio parere suo figlio è ancora nella fase della Protezione. Sicuramente vanno incoraggiate le sue competenze e le sue abilità, ma sicuramente non ci si può ancora aspettare che sappia affrontare le prime avversità e gli attacchi esterni: piuttosto va aiutato a individuare le sue strategie personali!
In una sezione di Nido, come alla Materna, alle Elementari e via via sempre oltre, le relazioni sociali vanno osservate perché sono il vestito del gruppo che abbiamo davanti nonché dei suoi singoli. Certi episodi vanno analizzati e prevenuti, alcuni comportamenti stigmatizzati e alcuni vanno difesi. Se necessario, episodi e tendenze all’interno gruppo vanno affrontati con i genitori.
Gli amichetti del piccolo sono un po’ violenti ? Suo figlio è remissivo ?
E chi può dirlo con certezza ?
Nel frattempo come Educatrice mi premurerei che nella mia sezione i bimbi non si comportassero come bestioline, tutti, sia quelli che attaccano, sia quelli che cedono.
Venendo a lei e al suo bambino, cara mamma, io credo che lei non avrebbe potuto affrontare meglio le spiegazioni al piccolo e l’approccio anche relazionale.
Una piccola ma significativa attenzione che può esercitare verso il suo bambino è provare a rinforzare un po’ il suo asse maschile: lei mi dice che è sola e ci saranno dei motivi più che legittimi. Ma il bimbo ha bisogno di presenze anche maschili per poter costruire questa sua dimensione e la forza che le appartiene: ci sono nonni? Zii? Cugini? Amici cari? Qualcuno che giochi col bimbo come solo un Uomo sa fare, infondendogli sicurezza e potenza? Qualcuno che accompagni il bimbo al Nido e che dia un’occhiata sapiente ai bulletti? Che magari organizzi insieme a lei e alle altre mamme un bel gelato dove tutti dicano: le mani non si alzano! E la bocca serve per gustare il gelato!
Poi … chi lo sa che il mio augurio di inizio consulenza non si avveri?
Stia tranquilla e mi scriva ancora: in questo caso, con bambini così piccoli, non è “Mattia” che non funziona ma noi “Grandi” che non sappiamo come agire!
copyright © Educare.it - Anno XII, N. 6, maggio 2012