Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXV, n. 5 - Maggio 2025

Dislessia

Mio figlio Marcello, di 10 anni, e' in cura presso un neuropsichiatra, inizialmente per un problema di balbuzie. Dopo alcune sedute, il medico vuole approfondire un problema di lettura che Marcello ha e che, secondo lui, potrebbe identificarsi con la "dislessia".
Vorrei, cortesemente, un vostro approfondimento su questo problema (la sua natura e/o causa e gli eventuali interventi), che non conosco bene.
Grazie e cordiali saluti.

 

Gentile Signora,
un approfondimento del problema dislessia richiederebbe molto più spazio di quello a disposizione per una risposta, ma cercherò di darle alcuni elementi essenziali.
Dislessia è un termine che condensa un'etichetta più complessa "disturbi specifici dell'apprendimento della lettura, e/o scrittura e/o calcolo" (DSA).
I DSA sono disturbi funzionali che derivano da una peculiare architettura neuropsicologica del soggetto che provoca difficoltà nell'acquisizione e nella stabilizzazione di alcuni processi di identificazione e di scrittura delle parole e dei numeri.
Per inquadrare il disturbo si possono definire alcuni punti:

1. Si manifestano in soggetti normodotati con normali capacità intellettive e sociali.

2. Sono di origine costituzionale, cioè fanno parte del corredo genetico del soggetto.

3. Non sono facilmente prognosticabili prima dell'età scolare.

4. Accompagnano il soggetto nel corso dello sviluppo.

5. Non sono guaribili ma le conseguenze funzionali si modificano attraverso adeguate misure rieducativo e didattiche.

6. Spesso sono accompagnati da manifestazioni psicologiche e relazionali disturbate.

7. Spesso sono associati a disturbi dell'attenzione e iperattività.

Siamo davanti ad una condizione, costituzionale non modificabile da un punto di vista strutturale ma sulla quale bisogna lavorare da un punto di vista funzionale.
L'OMS afferma che, per definire come soggetto con disturbo specifico di apprendimento, bisogna che ci siano cinque caratteristiche:

1. Un livello di lettura di due deviazioni standard inferiore alla media attesa per l'età: cioè un livello di lettura significativamente inferiore alla media.

2. Un quoziente intellettivo nella norma (³ 1 DS inferiore): il soggetto deve presentare un'intelligenza nella norma, non perché i bambini che hanno una qualche debolezza del sistema cognitivo non possano avere delle difficoltà in lettura, ma perché è evidente che da questi bambini ci si può attendere che ci siano delle difficoltà nella realizzazione di diverse funzioni, tra queste anche la lettura. Di converso si tende a pensare che il soggetto normodotato sia debba essere ugualmente abile in tutti gli ambiti. In realtà quest'abilità in tutti gli ambiti non c'è, perché c'è una certa autonomia di singole abilità, il che significa che la lettura intesa come sequenza di meccanismi, come processo, è abbastanza sganciata dall'intelligenza. Il dislessico viene definito colui che pur essendo intelligente, quindi pur avendo tutte le caratteristiche del sistema cognitivo che gli consentirebbero di apprendere bene un sistema di decodifica, tuttavia presenta un livello di lettura significativamente basso.

3. Assenza di cause neurologiche e/o sensoriali.

4. Interferenza del disturbo nella vita quotidiana e per il proseguimento degli studi.

5. Persistenza del disturbo nonostante l'istruzione scolastica normale. è necessario distinguere il disturbo specifico di apprendimento dal ritardo: ci sono bambini che presentano inizialmente delle difficoltà ma nel corso del tempo queste difficoltà si riducono e alla fine scompaiono.

(OMS, 93)

Alcuni studiosi la definiscono in altro modo: "La dislessia è presente quando l'automatismo nell'identificazione delle parole (lettura) e/o la scrittura di parole non si sviluppa o si sviluppa in modo incompleto, o si sviluppa con grande difficoltà. Quindi non diciamo niente sull'intelligenza o sugli altri aspetti che possano causare la dislessia".

Quindi la dislessia evolutiva viene definita "come un deficit funzionale che deriva da una condizione costituzionale, biologicamente determinata, che si esprime in alterazioni strutturali e funzionali in alcune delimitate aree cerebrali deputate al processamento del linguaggio e delle informazioni visuo –spaziali. Tuttavia queste alterazioni non delimitano le attività cognitive in generale, anzi, in molti casi i bambini dislessici mostrano un'intelligenza brillante. È, inoltre noto che nella maggioranza dei casi questi deficit funzionali derivano da una trasmissione familiare e dunque che la dislessia evolutiva ha prevalentemente una base genetica".
L'evidenza e l'invadenza dei disturbi emotivo - comportamentali quasi sempre associati alla dislessia, ha mascherato in questi anni il "cuore" del problema, contribuendo a ritardare la diffusione di un approccio clinico corretto.

Dalla dislessia non si guarisce.
Si possono, però, limitare al massimo le sue conseguenze funzionali. la ricerca dimostra che un training sistematico e mirato in un periodo precoce ha successo in circa il 75% dei casi. In questi casi i bambini possono raggiungere un livello di lettoscrittura sufficiente per essere istruiti in modo adeguato alle loro capacità.
È evidente la necessità, per gli insegnanti, di una precisa competenza sugli indici da ricercare per identificare una carenza di automatizzazione della lettoscrittura. Alcuni dei più importanti indici sono: lettura e/o scrittura molto lente e/o inaccurata, divario tra il processo tecnico di lettoscrittura e comprensione del significato delle parole e frasi da leggere, impossibilità di combinare il processo tecnico di lettoscrittura con altra attività che richieda attenzione consapevole (per es. quando chiediamo di scrivere una breve storia).
L'obiettivo dell'intervento non è quello di guarire il bambino dalla sua disabilità ma deve essere quello di ridurne gli effetti sull'acquisizione delle abilità di lettura, scrittura e calcolo.
Bisogna interrompere la spirale di fattori e di esperienze negative che frustrano il soggetto nel corso dell'apprendimento.
Nel IIo ciclo scuola elementare gli interventi dovrebbero riguardare principalmente l'accesso al significato del testo letto, l'autodecisione nella correzione per limitare gli errori di scrittura. In ogni modo si deve curare con attenzione che il bambino usi la lettura e la scrittura come strumenti di pensiero. Considero, inoltre, molto importante avviare l'educazione ad un metodo di studio appropriato.

I progetti rieducativi vanno definiti sul singolo soggetto e devono basarsi su accurati protocolli di valutazione delle diverse abilità.

Probabilmente, anche a causa della variabilità del disturbo, non esiste un unico approccio riabilitativo applicabile ad ogni soggetto dislessico, per cui ci sembra utile la raccomandazione di alcuni ricercatori per i quali la rieducazione specialistica deve essere centrata sulle abilità carenti e soprattutto che essere preceduta e monitorizzata da accurate valutazioni neuropsicologiche. Anche se non vi sono dati sufficienti per premiare un sistema rieducativo rispetto ad un altro, questi autori escludono con nettezza un qualche effetto sulla lettura e sulla scrittura del recupero delle funzioni psicomotorie.
La rieducazione specialistica, però, ha senso solo se gli insegnanti e i genitori condividono un progetto educativo che miri sia a creare condizioni di agio nell'apprendimento scolastico (anche con l'introduzione di misura compensative e dispensative), sia l'organizzazione dello studio tale da permettere l'esperienza del raggiungimento degli obiettivi nonostante la dislessia.
Va detto che la rieducazione specialistica, al contrario di quanto accade spesso per le patologie acquisite, non può essere protratta fino alla scomparsa delle difficoltà, in quanto questo obbiettivo viene raggiunto solo nelle dislessie lievi, che tra l'altro non richiedono trattamento ed evolvono spontaneamente.
L'intervento riabilitativo dovrebbe essere condotto intensivamente all'inizio della scuola e poi il problema dovrebbe essere affidato interamente agli insegnanti, con supervisioni periodiche da parte del riabilitatore e del clinico introducendo l'uso strumenti compensativi (libri parlanti, calcolatrice, computer) o dispensativi (misure scolastiche di riduzione dell'impegno).

Una nota: una delle dimensioni da valutare è la rapidità di lettura: nel caso di suo figlio, se la balbuzie è molto ostacolante, può essere difficile avere un dato "pulito" in quanto è difficile, nel caso di una lettura lenta, distinguere la lentezza per la balbuzie o per l'eventuale dislessia.

 

 


copyright © Educare.it - Anno III, Numero 10, settembre 2003