- Categoria: Difficoltà di linguaggio o di apprendimento
- Scritto da Maurizio Bertollo
Mio figlio con sindrome del fallimento
Gentili signori,
ho letto sul vostro sito "studenti scarsi" e poi "studenti con la sindrome del fallimento" e devo dire che riconosco mio figlio che oggi ha 14 anni.
Fin da piccolo ha manifestato un disinteresse verso tutto ciò che lo circondava. Difficilmente gli piace fare qualcosa. Effettivamente in prima e seconda elementare ha imparato a leggere, scrivere in corsivo, stampatello maiuscolo e minuscolo, ma dalla terza c'è stato un calo generale. Infatti ancora oggi ha difficoltà a dire le ore dell'orologio, a distinguere oggi, ieri, l'altro ieri. dopodomani...ecc. Cose banali per lui sono difficili.
Dalla quarta elementare ha avuto il sostegno. E' stato un disastro perché ha rafforzato la sua insicurezza, i suoi compagni lo scherzavano handicappato e tutto questo ha come confermato i suoi dubbi di inadeguatezza. Si è chiuso di più in se stesso.
Alle scuole medie non ha avuto sostegno ed è stato meglio, nel senso che per lo meno ha acquisito un po' di sicurezza in se stesso, sono migliorati i rapporti con i compagni e con le insegnanti. Ma come apprendimento è rimasto proprio indietro.
Quest'anno sta per frequentare un istituto tecnico (nuovi compagni, insegnanti, ecc.).
Da quattro anni, fa' psicoterapia, dove è stato evidenziato, tramite il quoziente intellettivo, che lui ha un livello sufficiente ma che la sua inibizione-insicurezza non gli permette di arrivare nemmeno al minimo.
La sua psicologa dice che è difficile capire quando lui effettivamente non riesce e quando invece lui ci prende in giro. Bisogna a volte aiutarlo e a volte spronarlo (non è facile capire quando fare l'uno e quando fare l'altro).
Adesso che ormai è adolescente a me sembra che stia peggiorando nel senso che è sempre più solo, non ha amici e tende a chiudersi sempre di più in se stesso. Con noi è spesso aggressivo e DISPETTOSO.
Noi come famiglia cosa possiamo fare per aiutarlo?
Esistono testi più approfonditi al riguardo?
Gentile signora,
da genitori vogliamo sempre il meglio per i nostri bambini e ragazzi e spesso rincorriamo continuamente l’ideale di figlio che vorremmo avere; non ci rassegniamo di fronte ai loro fallimenti; facciamo fatica a comprendere ciò che realmente sono e vogliono essere. Talvolta in questa ricerca continua corriamo il rischio di sostituirci al terapeuta, falsando il lavoro quotidiano di genitori (l’essere il riferimento e contenimento affettivo per l’altro) che è il più difficile, ma anche il più naturale.
Dalle sue parole è difficile inquadrare il problema e consigliarle cosa fare come famiglia, ma sicuramente la psicologa che sta seguendo suo figlio ha un quadro preciso della situazione e il parlarne con lei può sicuramente contribuire allo sviluppo di suo figlio e al percorso da seguire come famiglia, in una chiave sistemica che io privilegio sempre.
Nonostante questa premessa voglio però darle alcune indicazioni relativamente ai problemi che lei ha sollevato dei "studenti scarsi" e della "sindrome da fallimento".
Gli studiosi della psicologia cognitiva sociale partendo dal concetto di motivazione intrinseca sono giunti a definire il concetto di motivazione di competenza (in particolare White, 1959). L’individuo è motivato all’esplorazione e alla libera sperimentazione dell’ambiente nelle sue diverse parti o aspetti, per il bisogno intrinseco di acquisirne padronanza e controllo.
Susan Harter fa un passo avanti collegando la motivazione di "effectance" a quella di concetto di sé. Per concetto di sé essa intende la rappresentazione che un individuo ha della conoscenza relativa a se stesso, la connotazione è perciò fortemente cognitiva. La stima di se ha invece una caratterizzazione affettiva, significa essere più o meno soddisfatti di sé.
Secondo S. Harter la competenza è costituita da diversi elementi mutabili con lo sviluppo dell’individuo: Cognitivo, Fisico, Sociale; per questo motivo il rapporto dell’individuo con il Successo o l’Insuccesso gioca un ruolo importante sulla Motivazione. Genitori ed insegnanti sono determinanti nell’offrire quella che lei definisce SFIDA OTTIMALE. Il bambino ottiene infatti la massima gratificazione quando i fortunati tentativi di padroneggiare l’ambiente rappresentano un grado ottimale di difficoltà. Il bambino interiorizza un Sistema di Autogratificazione grazie all’ambito del rinforzo positivo, cioè:
- ai propri tentativi di padronanza;
- ai relativi risultati approvati, lodati, premiati dai genitori e insegnanti;
- all’indipendenza del comportamento mostrato.
La motivazione di "effectance" risulta accresciuta per effetto sia della percezione della propria competenza e del proprio controllo sull’ambiente, che la persona acquisisce attraverso i rinforzi positivi, sia della soddisfazione intrinseca per il successo raggiunto in compiti di un livello ottimale di difficoltà.
La motivazione diminuisce se la persona, nei suoi tentativi di padroneggiare l’ambiente, viene frustrato o addirittura punito o se vengono continuamente rinforzati i comportamenti di dipendenza dagli adulti.
L’autopercezione di competenza influenza le reazioni affettive e queste l’orientamento motivazionale. La competenza percepita dà piacere e questo aumenta la motivazione di effectance; al contrario la mancanza di competenza percepita dà ansia, preoccupazione e queste diminuiscono la motivazione di "effectance".
Nella figura qui di seguito, si può notare come la motivazione di competenza sia strettamente legata ai comportamenti di risposta dell’ambiente, in particolare a quello educativo.
Figura 1. Il modello della motivazione di Effectance nella formulazione di Harter
Insomma il concetto fondamentale è quello di "sfida ottimale" per aumentare la motivazione. Allora mi domando, tornando alla sua lettera, chi ha scelto la scuola superiore per suo figlio? è proprio quella adatta a lui? i suoi peggioramenti attuali potrebbero essere in relazione a tale scelta?
Potrei anche consigliarle una lettura, anche se forse molto specialistica. Si tratta di Autoefficacia di A. Bandura edito da Erickson.
copyright © Educare.it - Anno I, Numero 11, ottobre 2001