Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXV, n. 5 - Maggio 2025

Iperattività o instabilità psicomotoria?

Sono un'insegnante di educazione psicomotoria nelle scuole materne. 
Mi trovo a dovermi occupare, tra i tanti bambini, di un bimbo di cinque anni che frequenta l'ultimo anno di scuola materna. 
Questo bambino presenta sintomi di iperattività, è ingestibile durante gli incontri di educazione psicomotoria, non collabora né con me né con i compagni, tranne con un bambino, il suo amico del cuore, che viene spesso e volentieri trascinato nei suoi giochi distruttivi.

Ho intuito, e parlando con la maestra ne ho avuto la conferma, che è alla ricerca di attenzioni e il suo atteggiamento è quello di un bambino dispettoso con i compagni che ultimamente non lo sopportano più molto, e nello stesso tempo vuole attirare la mia attenzione. Se sgridato si arrabbia e piange, soprattutto se lo siedo un attimo per calmarlo e parlargli. Se lo ignoro continua a disturbare con un comportamento sempre più disturbante. I suoi disegni sono molto pasticciati e non ha la fermezza per fermarsi a disegnare per cui li consegna incompleti.

La sua storia famigliare non è buona: ha un padre che non gli da affetto, non lo abbraccia, non lo bacia, lo ignora; la madre ha un atteggiamento diverso a seconda se ha voglia di coccolarlo o no. Le maestre hanno parlato con loro ma la risposta è stata che il bimbo ha "troppe" attenzioni e si comporta cosi' perché viziato. A casa pretendono molto da lui, soprattutto l'ordine dei suoi giochi, forse sono queste le "attenzioni" a cui si riferiscono!

La famiglia non collabora con la scuola e il bambino va sempre peggio. Avrebbe bisogno di essere coccolato e noi cerchiamo di farlo il più possibile. Ha iniziato a chiamare mamma la zia che è maestra nella stessa scuola. 
Che cosa consigli di fare per aiutarlo, tenendo presente che ho un gruppo di quattordici bambini da gestire?

 

Dalla descrizione e dai termini usati nella e-mail sembrerebbe di trovarsi di fronte ad un caso che si presta ad una duplice valutazione; la prima di un bambino impaziente, incontrollato, imprevedibile, irrequieto, "iperattivo"; la seconda d'instabilità psicomotoria. Questi bambini, per le loro caratteristiche comportamentali presentano spesso un iter scolastico irto di difficoltà, sia sul piano didattico che su quello delle relazioni sociali. Per questo si cercherà di dare un quadro generale in cui inserire le varie performance, al fine di permettere una valutazione, se pur sommaria, che indichi la via di un possibile intervento.

Prima ipotesi. L'approccio al caso irrequieto/incontrollato può richiedere una maggiore attenzione al modo in cui il soggetto si accosta ai vari "contenitori istituzionali": momento di entrata, del pranzo, del gioco libero, del gioco strutturato cognitivo, della relazione. Si dovrebbe individuare quali sono gli elementi che, all'interno dei vari contenitori, si ripresentano con maggior forza e su questi quindi formulare delle ipotesi di intervento. Spesso è sufficiente un cambiamento nell'approccio relazionale a questi bambini che vivono la loro azione in modo svalutativo e che, frequentemente, pensano in modo irrazionale "gli altri mi dicono che sono cattivo, allora io sono cattivo". La dinamica perversa di questa situazione non è affatto rara. Quando viene a crearsi una incompatibilità tra la domanda (ad es. la richiesta dell'insegnante) e le caratteristiche temperamentali di chi dovrebbe rispondere, lo stress dei soggetti coinvolti nella relazione può diventare eccessivo e produrre conseguenze negative sia nel proseguo della relazione stessa, sia nello sviluppo psicologico del bambino coinvolto. Le ricerche di Thomas e Chess sull'influenza del temperamento all'adattamento reciproco fra bambino ed ambiente di vita sembrano confermare l'ipotesi che bambini poco adattabili e persistenti, molto attivi e distraibili abbiano una performance negativa perché gli insegnanti li trovano difficili e per questo non offrirebbero loro stimoli per favorire e migliorare il loro livello di apprendimento.

Di fronte a questi casi, il ruolo quindi dell'insegnante potrebbe essere quello di sostegno, di maggior ascolto, di contenimento, di valorizzazione delle azioni, di strutturazione di un pensiero razionale, affinché il bambino possa viversi in modo positivo; attraverso questa ri-scoperta del proprio valore, il soggetto diventa maggiormente in grado di soffermarsi nell'azione e nella comprensione dell'emozione vissuta in quel momento, nel "qui ed ora".

Un'altra modalità di approccio al problema potrebbe essere lo strutturare una attività psicomotoria in piccoli gruppi, centrata sul gioco simbolico; per questa via si va ad intervenire sull'ansia e sul mondo immaginario che travisa completamente la realtà, sull'emozione negativa, sull'azione distruttiva. La psicomotricità permette di far emergere, rappresentare, esteriorizzare; ma anche l'accogliere, il condividere, l'accompagnare questa ri-cerca in uno spazio di sicurezza (qual è quello psicomotorio) consente al bambino un diverso modo di vedere le proprie emozioni e il proprio agire come non solo negativi. Interventi di questo tipo permettono al bambino di sperimentare un nuovo modo di porsi in relazione con gli oggetti, lo spazio e gli altri, superando la dinamica perversa del circolo vizioso e ri-stabilendo quindi un armonico percorso di crescita.

Seconda ipotesi. L'instabilità psicomotoria (o sindrome ipercinetica), si rileva in quanto disturbo della funzione di "aggiustamento motorio spontaneo" e si determina nel primo triennio di vita a causa di fattori educazionali e relazionali, riferibili principalmente all'ambiente familiare. Essa si manifesta, nel corso dello sviluppo del bambino, con grosse difficoltà nella vigilanza mentale e in particolare nell'incapacità di attivare la funzione di "spostamento verso l'interno" (autoconsapevolezza, metacognizione, autocontrollo). Generalmente i bambini affetti da instabilità sono deficitari nel controllo della attenzione e della concentrazione, nella motricità e, talvolta, nella verbalizzazione. Ciò si ripercuote nella cura di sé (rapporto con il proprio corpo), sulle relazioni sociali e sul successo scolastico: soggetti "ipercinetici" non raramente sfociano nel "comportamento caratteriale". L'instabile comunque, nella maggioranza dei casi, non è un soggetto aggressivo, bensì impulsivo. In questo tipo di disturbo è deficitaria la funzione (psicomotoria) di aggiustamento spontaneo, cui si associano difficoltà nelle funzioni di percezione del corpo proprio, che può essere vissuto come fonte di ansia, persino generatore di stati di angoscia depressive o abbandoniche. Le continue sollecitazioni cui il bambino si espone e che egli stesso ricerca, certamente, non lo aiutano a focalizzare i vari elementi presenti all'interno del processo di acquisizione. La difficoltà di mantenere uno stato di vigilanza media (attenzione, concentrazione) ed un tono adeguato permettono al bambino di interiorizzare le varie informazione, bloccando quindi il processo di elaborazione di nuove strategie di aggiustamento: per questo motivo le acquisizioni restano superficiali e non garantiscono un adeguato apprendimento.

Quale funzione può svolgere allora la psicomotricità all'interno del contesto per un soggetto che presenta questo quadro diagnostico? Credo che il primo obiettivo sia quello di aiutare il bambino a saper distinguere/dividere la sua intenzione dalla molteplicità del susseguirsi delle sue azioni, che spesso risultano confusionarie e poco chiare; il saper osservare, accogliere, condividere, verbalizzare permette al bambino di poter scegliere un'attività senza essere invaso da quest'irrefrenabile ricerca senza senso del "fare tutto insieme". Gli "altri giochi" sono non rifiutati o esclusi ma momentaneamente accantonati, per essere poi ripresi non appena conclusa l'esperienza precedente. Questo saper distinguere/dividere l'intenzione del fare ci porta ad individuare un secondo obiettivo: sostenere il bambino nella progressiva acquisizione di una diversa dimensione temporale, dove il "qui ed ora" acquista un nuovo significato, non più legato al continuo rin-correre ma ad un vivere l'emozione dell'azione sino in fondo. Si cercherà inoltre di indurre una maggiore attenzione al proprio movimento, nel tentativo di dare il più possibile continuità e precisione al progetto di gioco, vivendo quindi un diverso rapporto con il tempo e con gli oggetti al fine di aumentare ed integrare i vari aspetti presenti nell'azione. Il saper attuare un gioco, il controllare il proprio tono, lo scoprire i limiti di spazio e tempo entro il quale può attuarsi la propria azione permette al bambino di passare dalla fase di "aggiustamento spontaneo" a quella di "aggiustamento controllato".

Certamente tutto ciò è solo un'opportunità che noi diamo all'interno di un contesto istituzionale-educativo. Per la complessità interpretativa sopra descritta, ritengo utile sottoporre il bambino ad un'indagine più approfondita, al fine di escludere o accertare una reale (e grave) instabilità psicomotoria o ipercinetica per la quale, se diagnosticata, è necessaria una presa in carico in ambito terapeutico.



copyright © Educare.it - Anno I, Numero 6, Maggio 2001