Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXV, n. 6 - Giugno 2025

  • Categoria: Monografie

Pedagogia del desiderio, quando la ricerca di senso va oltre il bisogno

Comunicazione, desiderio e immaginazione sono modalità attraverso le quali l'uomo agisce nelle dinamiche sociali, manifestando il suo modo particolare di esserci. A spingerlo nelle sue azioni non è il bisogno ma il desiderio: questa può essere una interessante chiave interpretativa della differenza fra uomo e animale. L'animale, infatti, agisce per raggiungere un bisogno, è lo stato di carenza che lo spinge all'azione. Anche l'uomo ha i suoi bisogni ma non agisce (o almeno non dovrebbe) sulla spinta delle necessità o degli “appetiti”. Il concetto di “desiderio”, che riferiamo alla cupiditas dei latini, ha insito la ricerca di senso, l'amore come leva di tutte le cose.

Non a caso nella mitologia greca Cupido non è Eros ma Imeros, proprio a sottolineare la differenza fra amore inteso come agapè e amore inteso come eros. L'agàpe [1] è (o dovrebbe) alla base di ogni agire educativo, come capacità intellettuale e intellettiva, frutto di un animo educato ed incline ad esso. Nel desiderio è insita la ricerca di senso, la tendenza morale verso una aspirazione, il raggiungimento di un bene che non è materiale. Tale connotazione semantica è rinvenibile anche dall’origine etimologica della parola desiderio: de-sidera richiama alle stelle, alla speranza, a tutto ciò che muove ogni azione umana e che mira ad una estensione etica e morale. 

Il termine della ricerca umana nell'agire è la felicità, il ben-essere. La realizzazione del desiderio di felicità è naturale tendenza al vero, al bello, alla verità. Nella felicità il desiderio si "oggettivizza", si concretizza. "Che ogni uomo cerchi la felicità, in altre parole, significa che aspira al vero, al bello, al bene, che vuole incontrare nella sua vita, fare esperienza di verità, bellezza, bontà" [2]. Il desiderio, per dirlo con la Divina Commedia, come amore che move il sole e le altre stelle. [3].


 

Crisi del desiderio e pedagogia

La nostra società sta vivendo una vera crisi del desiderio, come testimonia un recente rapporto CENSIS: «Tornare a desiderare è la virtù civile necessaria per riattivare una società troppo appagata ed appiattita» [4].
Si tratta di una “emergenza educativa”, poiché coinvolge la tensione progettuale, la libertà di scegliere e agire, e come tale richiesta una risposta pedagogica.
«Non è il molto sapere che sazia e soddisfa l'anima ma il sentire e gustare le cose interiormente», scriveva molto tempo fa Ignazio Layola [5]. Anche oggi occorre fare leva sul desiderio personale di apprendere, risvegliando la sete interiore di sapere a partire dalla dimensione affettiva; solo un animo ben educato, infatti, è capace di cogliere e saziarsi di sapere, di amare ed entrare in syn-pateia ed empatia con le persone, le cose, la conoscenza. Come non c'è buona azione senza motivazione, così non può esserci apprendimento significativo senza desiderio.
Occorre dunque una pedagogia del “leggere-dentro”, dell'interiorizzazione, che non impone verità ma stimola in ciascuno la sete di ricerca, fornendo strumenti e chiavi di lettura ma senza togliere spazio all'inventiva personale.
In questa società della fretta, del tecnologico, dello "scientificizzare" a tutti costi, dove sembra che tutto il resto quasi non abbia un senso e un con-senso, ripristinare l'intelligenza affettiva diventa un dovere morale che l’educazione persegue con convinzione. Montuschi suggerisce, a questo proposito, un percorso educativo che va dal sentire al pensare, dal pensare al decidere poggiando e appoggiando sul sostegno della propria affettività [6].

La scuola, nonostante viva oggi una profonda crisi determinata da cambiamenti di rotta, incertezze e contraddizioni, rimane il luogo privilegiato dove le nuove generazioni possono compiere questo percorso. Affermiamo, pertanto, la necessità di una scuola più aperta alla dimensione del desiderio, attraverso il quale poter solleticare la volontà di apprendere, ma anche portare gli alunni, secondo le diverse età, a confrontarsi con la personale ed ineludibile ricerca di senso.
L'importanza dell'educazione al desiderio trova conferma nel metodo montessoriano. Nell’opera Come educare il potenziale umano, Maria Montessori spiega come il successo del suo metodo derivi proprio dalla capacità di stimolare intelligentemente l'immaginazione creativa del bambino per risvegliare in lui il desiderio e l'interesse che sono alla base della consapevolezza educativa.
Per arrivare a questo è necessario che tutti gli attori del processo educativo siano “esseri desideranti”, attivi e creativi, alla continua ricerca del proprio miglioramento personale. In questo momento storico a ciascuno sono richiesti atti d'amore: amare i propri luoghi, il proprio tempo, cogliendone i limiti ma anche le infinite potenzialità. In definitiva, per coltivare il desiderio in educazione, è necessario alimentare l'amore incondizionato verso il sé autentico che abitiamo.



Note
1) Amore inteso come dono di sè, incondizionato. Un amore educativo ed educante.
2) F. Pesci, Desideri, beni, virtù, felicità, Roma, Lithos libri, 2010.
3) D. Alighieri, Divina Commedia, Paradiso XXXIII, 145.
4) 44° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2010, p, XXIII.
5) Ignazio Layola, Esercizi spirituali.
6) F. Montuschi, Vita affettiva e percorsi dell'intelligenza, Brescia, La Scuola, 1996.


Autore: Maria Concetta Carruba, Pedagogista laureata e specializzata,  opera come consulente pedagogico e  formatore presso lo Studio EmPathos.


copyright © Educare.it - Anno XI, N. 12, novembre 2011